La missione chiama: Senza confini, per amore
Faccio parte del "gruppo di Gesù". Sono con lui, in camera, davanti al computer o sulla macchina, come ieri i discepoli sulle strade della Palestina o sulla barca di Pietro. Seguirlo è luce. Ogni giorno svegliandomi lo ringrazio e godo nel potermi rimettere in cammino con lui. Solo così posso aprirmi alla presenza di Dio Padre, incontrare gli altri come fratelli e sorelle, tentare di vivere nell'oggi della famiglia umana. Con lui il mio cuore, chiuso e diffidente, si riapre e guardo con gioia il futuro.
In questa luce capisco e godo del dono, davvero grande, dei suoi discepoli sparsi in tutto il mondo, che "operano, si affaticano, gemono sotto il peso delle sofferenze, donando la vita". Sono i nostri missionari.
È bello fissare nel nostro cuore i volti di quanti abbiamo conosciuto: uomini e donne che stanno vivendo la loro vita per il vangelo.
Il loro obiettivo non è certo questione di potere, ma di mettersi a servizio dell'umanità, specialmente quella più sofferente. Essi proclamano il vangelo dell'amore, e così cercano di far entrare la luce di Dio in questo nostro mondo buio.
È il regno annunciato da Gesù. In lui emergeva una tensione morale che superava ogni separazione: uomo-donna, ricco-povero..., riportando nel cuore dell'uomo la radice della lotta tra il bene e il male. Il regno vedrà la sua pienezza nella casa del Padre, ma anche in questo mondo è forza di giustizia e di pace, di libertà e di rispetto per ogni uomo. Dio ha un popolo numeroso in tutte le città percorse dagli apostoli di oggi, perché "la promessa è per tutti quelli che sono lontani" (cfr At 18,10; At 2,39).
Dio vuole condurre tutti oltre il "vuoto", oltre le relazioni di chiusura che portano tristezza e dolore. Per questo il Papa, esorta a ravvivare in sé la consapevolezza del mandato missionario di Cristo: "fare discepoli tutti i popoli della terra" (Mt. 28,18). È la missione - opera dello Spirito, che viene continuamente affidata alla chiesa nella persona di Pietro, ma non solo. "Nella chiesa devono sempre aversi servizi e missioni che non siano puramente locali, ma siano funzionali al mandato che investe la realtà ecclesiale complessiva e alla propagazione del vangelo" (card. Ratzinger, 1999).
Pietro ha bisogno di servizi e missioni che rendono possibili l'annuncio del vangelo, e questi hanno bisogno di lui. Nella reciprocità dei servizi si compie la sinfonia dell'unica missione ecclesiale. È un ministero di amore, in particolare il carisma della missione ad gentes a cui sono chiamati uomini e donne che vanno oltre i propri confini per annunciare ai poveri il vangelo di Gesù e renderlo visibile.
Non bastano le parole. L'amore, che è il cuore dell'annuncio, deve essere vissuto, e così diventare annuncio esso stesso. "Per la carità di Cristo, unicamente per questo, voi là vi recate: non per amore di gloria umana, avidità terrene, smania di vedere nuove contrade e nuovi popoli..." (beato Conforti). Tutto questo presuppone un profondo incontro personale con Cristo. Solo quando la persona è colpita e sconvolta da Cristo nel suo intimo, solo allora può toccare l'intimo altrui.
Ho conosciuto tanti uomini e donne, felici davvero, che hanno camminato seguendo questa luce. Hanno conosciuto la fatica, ma anche la gioia di donarsi sino in fondo: tante sorelle e fratelli saveriani, vere pagine di vangelo vivo, e con loro ricordo Paola, Annalena, madre Teresa, don Oreste...
E allora mi dico, con san Agostino: "Cur non ego?" - perché io no? E anche tu, perché no?