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La missione chiama: Noi con loro, loro con noi

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Ho davanti agli occhi la lunga marcia della gente del nord Kivu (Congo), sfollati dai loro villaggi: uomini dai volti umiliati, donne con carichi pesanti sulle spalle, bambini smarriti con fagotti e taniche d'acqua. Sono le conseguenze di una "guerra paravento - denunciano i vescovi congolesi - per coprire il saccheggio delle ricchezze del paese".

Seguiamo i fatti attraverso le immagini televisive, ma soprattutto ascoltando amici e famigliari, i nostri missionari che vivono a Goma, condividendo insicurezza e privazioni. Riconosciamo le strade, i villaggi, le scuole. Cerchiamo i volti di persone conosciute. I colpi di mortaio, le raffiche di mitra, le grida di quanti scappano, le stragi assurde... sono ferite per tutta l'umanità.

Abbiamo pregato insieme, cercando di partecipare alla loro sofferenza con preghiera e digiuno a catena, portando nel nostro corpo un po' della loro fame e condividendo un po' del nostro cibo.

Mi ha detto una signora dopo la veglia di preghiera: "Noi eravamo con loro, e loro erano con noi".

Si sta preparando il Natale. Il mio pensiero ritorna là, sull'altopiano alla periferia della città, e ricordo la scena di un altro giorno di Natale, tanto simile alla nascita di Gesù. È la pagina del diario di quei giorni. «È mattina, mi accompagnano a Kanyaruchinya, sull'altopiano ai piedi del vulcano Nyiragongo. C'è tanta gente: vengono dai villaggi lontani; non solo i cristiani: è giorno di festa per tutti. Hanno preparato la Messa: un piccolo tavolo, la tovaglia, i fiori, sullo sfondo il cielo azzurro e il grande vulcano.

Al Gloria sento il vagito di un neonato. Qualcuno mi sussurra: "È nato questa notte!". Insieme viviamo la festa: danze, canti, gioia. Il piccolo nato diventa il segno del Bambino di Betlemme, dono del Padre, portato nel grembo di una donna di nome Maria».

Colgo una scintilla di quella sapienza fatta di silenzio, povertà, condivisione. In quella povertà avvolta da tanta sofferenza vedo l'annuncio del mistero pasquale, il segno di un amore che è dono di sé, fino a diventare fratello nostro in tutto, che ha in comune con noi sangue e carne, in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.

L'incarnazione di Dio in Gesù è come uno scoppio di vita all'interno del cammino dell'umanità. Dio non è solo vicino ma "dentro", come lievito per fermentare (redimere) la pasta umana. Viene, secondo la promessa, "per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e dirigere i nostri passi sulla via della pace". Viene nella povertà della creatura offrendo se stesso; lo fa nel silenzio legandosi a ogni uomo e donna, al quotidiano della vita umana.

È un dono che si manifesterà sulla croce e nella risurrezione, forza e pienezza dell'opera di Dio. La povertà di Gesù è denuncia di ogni violenza, delle ricchezze disoneste, della stoltezza di chi rincorre la felicità calpestando la vita e i fratelli. Solo partendo dalla povertà, la chiesa potrà prendere un nuovo slancio e guarire. Non potrà dare la vera risposta al nostro secolo contro la potenza della ricchezza, se non vive la realtà di Nazareth.

La strada di Gesù indica anche il cammino della missione. "Andate - continua a dirci Gesù - non appoggiatevi ai soldi, né a criteri di astuzia o di potenza; affidatevi al Padre buono. Pregate, portate la gioia dell'amore forte e gratuito, rinnovato ogni giorno dal perdono. Siate il segno vivo di quanto dite".

Il suo Natale è la sua prima predicazione con la vita. Tutti siamo chiamati a seguirlo. "Nel lavoro apostolico - dicono le nostre Costituzioni - seguiamo la via percorsa da Cristo con la sua incarnazione... Egli ci chiede comunione di vita e di destino con i  fratelli ai quali siamo inviati, fino alla condivisione dei loro problemi e del loro cammino di liberazione".

È quanto stanno vivendo i nostri missionari nel Kivu. E tu?



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