Carisma è missione: Natale: obbedienza e solidarietà
All'inizio del vangelo di Giovanni leggiamo: "Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14). Quasi a dire: è finito il tempo della parola, per dare spazio alla testimonianza. Ricordo di aver letto questa espressione, forse di sant'Agostino: "facta Verbi, verba sunt - i gesti del Verbo sono parole". Conforti tradurrebbe con un'espressione che ripeteva spesso: "l'eloquenza del fatto".
La nostra vita è il discorso più eloquente che possa essere pronunciato.
È Natale. Quanta poesia! È bello, mi piace. Però mi fa anche paura. Si dimentica facilmente che il "farsi carne e l'abitare in mezzo a noi" è avvenuto in modo drammatico e non senza sofferenza: una donna incinta, agli ultimi giorni; un viaggio faticoso per ordine di un imperatore lontano e tiranno; il bisogno di un luogo dove rifugiarsi...
Divenuto adulto, quel Bambino ha detto a chi lo voleva seguire di non avere dove posare il capo (Mt 8,20). Ma già al momento di nascere, la Mamma non ha dove posare il Piccolo. È già l'ombra della croce. Gesù nasce in solidarietà con il cammino di ogni uomo e donna della terra.
Sono queste le parole eloquenti di un Bambino che evidentemente non parla. Molte persone si muovono e parlano intorno a Lui (e anche noi, quante parole diciamo a Natale!). Ma il Piccolo ha già detto un'ultima parola in seno alla Trinità, come ci ricorda la lettera agli Ebrei: "Entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta; un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà" (Eb 10,5-7).
Solidarietà con la persona umana e obbedienza al Padre: ecco il Natale!
Durante tutto l'anno abbiamo meditato su un testo delle Costituzioni saveriane, che esprime il valore della Parola di Dio nella vita del missionario. Mi pare questa la miglior conclusione: la Parola che ogni giorno ascoltiamo, meditiamo e preghiamo, deve farsi "carne", cioè vita della nostra vita. Gli avvenimenti della nostra vita devono diventare la parola che il mondo ascolta: parola efficace, parola eloquente... con "l'eloquenza del fatto".
Abbiamo riflettuto ricordando che la Parola deve "convertirci alla maniera di pensare e di agire di Dio, per annunziarla con franchezza e per leggere con i fratelli, in mezzo ai quali lavoriamo, i disegni di Dio negli avvenimenti della loro storia".
Obbedienza al Padre, al suo pensiero, al suo modo di agire; solidarietà con i tutti i fratelli in mezzo ai quali viviamo e lavoriamo, ma specialmente con i più piccoli e i più poveri, quelli che come Gesù non hanno dove posare il capo.