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Quando la domenica andiamo a Messa, generalmente non portiamo niente con noi. Tutto l'occorrente è già in chiesa. L'ha preparato il prete, magari con l'aiuto delle suore o del gruppo liturgico. Al massimo, guardiamo nel portamonete per vedere se ci sono i 50 centesimi per l'offerta. Importante, ma non sufficiente.

Perché in realtà la Messa comincia molto prima del canto d'inizio o del segno di croce e del saluto del prete: “Nel nome del Padre... Il Signore sia con voi…”. Quando comincia? Comincia con la convocazione , la chiamata di Dio. E quand'è che Dio ci chiama a Messa?

Sembra incredibile, ma ci chiama già con il battesimo, quando veniamo immersi nella morte di Gesù per poter partecipare alla sua risurrezione. I battezzati sono sempre convocati per l'Eucaristia; e ogni loro passo o va in quella direzione o è dispersivo, contrario alla loro natura di figli di Dio. Perciò cominciamo a celebrare l'Eucaristia a casa, sul lavoro, a scuola, lungo le strade, nell'incontro tra amici o nell'impegno sociale, ecologico, politico...

Ovunque, sempre, celebriamo un mistero che ci attira, come il centro più profondo del nostro nuovo essere. Ovunque, sempre, prepariamo la “materia” - come si diceva un tempo - per quella consacrazione che non riguarda solo un'ostia e poche gocce di vino, ma l'universo. Insieme verso il centro. Anzitutto dobbiamo renderci conto di questo movimento verso il centro e assecondarlo. Si va insieme. L'assemblea si sta formando.

Quando la domenica arriviamo ai gradini della chiesa, è da un mucchio di tempo che stiamo camminando verso questo luogo e quest'ora . Non abbiamo già il senso di questo convergere quando ci riuniamo in famiglia per il pranzo o la cena e quando preghiamo insieme - marito, moglie e figli - prima di addormentarci? Non sentiamo che il cerchio si forma e si stringe quando incontriamo i vicini di casa e condividiamo le notizie, appianiamo le divergenze, partecipiamo gli uni alle gioie e ai dolori degli altri? Il pane viene preparato lungo tutta la settimana: il pane della fatica, il pane della sopportazione reciproca, il pane del perdono, il pane della riconciliazione…

E ogni giorno si spilla il vino: vino di molte lacrime, di sacrifici quotidiani, di assenze e tradimenti, di paure e solitudini, di fastidi, malattie, incomprensioni… Ma è un pane solo, non tanti pani quanti noi siamo; è un calice solo, non tanti bicchieri scompagnati. Pochi, ma per tutti. C'è tanta gente attorno a noi che “sta andando a Messa” con noi, sempre: questa è la visione che ci dona lo Spirito. Non tutti ci arriveranno, anzi pochissimi. Ma quelli che ci arrivano, portano il pane e il vino di tutti .

Altrimenti, come potrebbe essere che il pane e il vino consacrati sono il corpo e il sangue per tutti ? La moltitudine. Se anche la domenica la chiesa è piccola e l'assemblea modesta, formata da poche persone, essa tuttavia è la punta emergente di un'assemblea invisibile, che si muove dai quattro punti cardinali. L'Apocalisse parla di “una moltitudine immensa, di ogni nazione, razza, popolo e lingua” (Ap 7,9).

È l'assemblea celeste; ma quella eucaristica ne è figura e annuncio; la comprende e ne è racchiusa. Quando durante la settimana “andiamo a Messa”, facendo, momento dopo momento, ciò che dobbiamo fare con spirito di obbedienza e amore, sentiamoci parte di questa innumerevole folla. Tutticamminano verso un mistero che forse non conoscono, ma che pure li attrae con irresistibile forza: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32).



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