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La finezza morale di p. Gianni Pedrotti

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La mattina del 12 aprile è stato p. Mario Pulcini da Bujumbura (Burundi) a comunicarmi la notizia della morte di p. Gianni Pedrotti. L’avevo sentito l’ultima volta al telefono quattro giorni prima, il Venerdì santo. La nipote Chiara, che da due mesi lo curava a casa sua ad Esine (BS), mi diceva che quel pomeriggio stava … “come sempre”. Gianni mi disse ancora una volta il suo desiderio che Dio venisse a prenderlo. Era stanco di attendere… Ma quel giorno mi parlò anche di risurrezione. Il Signore ha ascoltato il suo desiderio. Quante volte in passato mi ha detto: “Spero di morire presto… a sessant’anni”, e io scherzando gli dicevo che “Dio non ti scolta, il tuo è un desiderio cattivo”.
Gianni era per me un amico di antica data. Ci siamo conosciuti nel 1968 quando fu destinato al Burundi e arrivò nella missione di Minago, aperta da poco, della quale io ero il responsabile. Lavorammo insieme fino alla mia partenza per l’Italia nel 1971. Pochi mesi, ma tra noi si stabilì un’amicizia indistruttibile. Merito tutto e solo di p. Gianni. La nostra amicizia era fondata sulla gioia del ministero in una missione nuova. In quegli anni potei ammirare la sua dedizione e generosità verso i malati e i poveri e verso i giovani che arrivavano numerosi da noi o che Gianni andava a cercare quando si recava “in safari” a visitare le diverse cappelle lungo il Lago e sui contrafforti dell’altopiano. Ma, soprattutto, ho conosciuto l’affetto e la gentilezza che mostrava in comunità. Stavamo volentieri a chiacchierare dopo cena sotto la barza della missione. Venne poi la separazione: io a Roma e lui sempre a Minago, dove si scatenò poco dopo la bufera del 1972-73. Gianni ebbe l’occasione di esercitare tutta la sua carità fino all’eroismo, quando fu minacciato di morte e messo al muro perché difendeva la povera gente dai soprusi dei militari. Quando parecchi confratelli erano già stati espulsi, gli chiesi di fare il Delegato regionale. Ricordo la sua riluttanza, ma alla fine per amicizia accettò. Venne poi l’espulsione dal Burundi nel novembre 1981 e la successiva nomina in Congo dove rimase fino alla malattia 2022, sempre con lo stesso stile di bontà e attenzione ai poveri. Forse per aver sofferto da bambino la perdita dei genitori, Gianni aveva un cuore sensibile con chiunque avesse bisogno. Quando rifletto sulla nostra vita missionaria e penso a come noi dovremmo essere, spontaneamente penso a lui e a sua sorella sr. Miriam, che è stata in missione con lui a Minago, prima di essere nominata superiora generale delle Dorotee di Cemmo. Due persone di una grande finezza morale, di cortesia e di bontà offerta a tutti. Gianni andandosene mi lascia un po’ più solo. Ma ci troveremo presto o tardi di nuovo insieme a discorrere dell’ora della morte, se sarà a 60 anni o più tardi.




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