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Caro p. Ettore, leggo sempre con molto interesse il tuo giornale. In particolare mi attirano le lettere che vengono pubblicate e le tue risposte, un commento puntuale, a volte scanzonato.

senato genova Dopo i clamorosi fatti di Genova, in occasione del G8, mi sarei aspettato un tuo intervento: penso che qualcuno ti avrà scritto qualcosa in proposito. Ma ho atteso invano.

Ora che le acque sembra si siano calmate, mi piacerebbe conoscere il tuo parere sulla drammatica vicenda, soprattutto sul fatto che in quei giorni (prima, durante, dopo) gli "uomini di Chiesa" sembravano divisi e parlavano con voci discordi. Se poi pensiamo a quello che hanno detto i nostri politici…

  • Luca (Monza)

Risponde p. Ettore

Caro Luca,

sono trascorsi otto anni da quando ho ricevuto l’incarico di curare le pagine di questo giornale, e mai finora mi sono addentrato lungo gli scoscesi e pericolosi sentieri della politica. In genere rispondo solo personalmente a lettere che tirano in ballo questi temi. Ma il tuo scritto mi induce in tentazione, alla quale non so resistere; incoraggiato in questo anche dall’affermazione del cardinal Martini: "Bisogna salvare i valori di quelle manifestazioni, ed emarginare ogni pensiero e gesto di violenza".

Quanto scriverò in questa pagina sono solo considerazioni d’un vecchio missionario che ne ha viste tante in giro per il mondo ed ha incontrato persone d’ogni risma; riflessioni personali, che non intendono coinvolgere i confratelli Saveriani, e tanto meno l’Istituto del quale queste pagine sono voce. Le cronache di quel fine settembre sembrano scritte con il filo spinato; il grido dei poveri non s’era mai fatto sentire così forte come in quei giorni.

La coscienza del nostro tempo non sopporta più una umanità spaccata in due: cinque miliardi di poveri e un miliardo di persone che stanno bene.

I beni della terra sono di tutti, e un mondo diverso è possibile. All’inizio è stato un urlo di speranza, più che di contestazione, poi le cose sono degenerate e le immagini che la TV ci ha sbattuto in faccia sono ancora negli occhi di tutti. Mi ricordano le parole di Tacito, imperatore romano: "Hanno creato il deserto, e lo chiamano pace". Dobbiamo comunque recuperare la passione politica contro il primato dell’economia incontrollata che genera un sempre più profondo divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri.

Non abbiamo nulla contro la globalizzazione; ma contro un certo tipo di onnimercificazione, dove tutto diventa denaro. Siamo contro una globalizzazione che distrugge culture, religioni, ambienti, togliendo l’anima ai popoli e riducendoli a cose. Vogliamo essere cittadini d’un mondo globale, dove i morti di Aids non si trasformano in statistiche, ma sono nostri fratelli. Scrive il card.Miloslav Vlk, vescovo di Praga e Presidente della Conferenza dei vescovi europei: "Solidarietà, ospitalità, convivialità e comunione. Sono queste le parole chiave per dare un’anima all’Europa e al mondo". Ogni cristiano è chiamato a fare politica; ma se vuole seguire il Vangelo (quanti politici oggi se ne fanno paladini, strumentalizzando perfino il suo vocabolario!) la sua scelta preferenziale deve essere rivolta ai poveri, alla giustizia, a livello locale e planetario, al diritto di tutti i popoli alla determinazione delle regole e dei percorsi che devono guidare il cammino della famiglia umana.

E veniamo agli uomini di Chiesa, come tu ti esprimi. Tra i vescovi che più si sono impegnati per preparare i propri fedeli all’avvenimento del G8, si è distinto il card.Tettamanzi, che a Genova dava ospitalità all’evento: "Impegnatevi, non state a guardare. Stiamo con i deboli: il popolo di Seattle va ascoltato".

E indicava tre strade: volontariato, partecipazione alla vita politica, testimonianza personale.

"Si possono fare buone azioni senza mettersi sotto i riflettori. C’è un parroco nel Centro Storico di Genova, don Traverso, che sta più in sagrestia a dar retta agli immigrati che in chiesa. Eppure nessuno tra i giornalisti e gli operatori della televisione lo conosce. Sarà bene prendere esempio da lui". Tra gli oppositori del suo vescovo si è distinta quella macchietta di prete genovese dal nome inconsueto: don Gianni Baget Bozzo, che si è sempre mostrato più fedele e devoto di Bettino Craxi, prima, e di Berlusconi, poi, più che della Beata Vergine o della santissima Trinità, definito da Curzio Maltese "il cappellano militare dei miliardari". Scrive sul "Corriere della Sera" il nostro don con l’elmetto: "Che la Chiesa sia contro l’Occidente è un fatto lampante. Una constatazione dietro la quale vedo anche il Papa. Ma ormai è così da tanti anni, tutta colpa del Concilio Vaticano II".

E su "Panorama", commentando il discorso per la fiducia di Berlusconi alla Camera don Gianni scrive: "Lei, Presidente, ha da fare con una banda di criminali politici che si presentano come benefattori del mondo". Su questo prete "effervescente" Tettamanzi è stato costretto ad inviare ai fedeli della diocesi di Genova un comunicato diffuso dalla Curia: "Con sofferenza debbo rilevare che don Gianni Baget Bozzo, con la sua indebita attività politica, continua a suscitare disagio e disorientamento non solo nella comunità cristiana, ma anche al di fuori di essa, non osservando la promessa fatta quando gli fu annullata la sospensione a divinis ricevuta per il suo impegno politico". Il pio sacerdote si è scagliato poi contro gli intellettuali materialisti (tra i quali annovera anche quelli di "Famiglia Cristiana") e i vescovi della Liguria che erano intervenuti con una lettera indirizzata ai loro fedeli dal titolo: "Il G8 non ci deve lasciare indifferenti".

Dopo il G8 e le contestazioni, il card. Ruini, Presidente della Conferenza dei Vescovi italiani ha scritto: "Le accuse ai vescovi di scivolare verso posizioni anti-occidentali sono ingiustificate e non accettabili". I vescovi Riboldi, Casale, Bettazzi, e altri con loro, in un documento, hanno espresso sgomento per le violenze, ma hanno difeso le parole e l’operato del cardinale, ed hanno ricordato che il tentativo di criminalizzare tutti i manifestanti è stato un tentativo aberrante. Tettamanzi stesso ha scritto: "Ci vuole una grande forza morale per essere insieme credibili ed efficaci, per arrivare in modo convincente e senza traumi dolorosi a chi detiene il potere".

A lui farebbe eco don Tonino Bello: "I gesti semplici dei disarmati cambieranno il mondo".

Di diverso parere sembra essere il ministro dell’Interno Claudio Scajola che così si è espresso: "I preti invece di fare le marce vadano nelle periferie e portino i bambini alle giostre". Insolente e arrogante. Non è da meno quel cattolico di lungo corso che oggi nel Governo riveste una carica costruita ad personam, arrivato finalmente ad un ministero, che si chiama "Attuazione del programma di Governo". E che vuol dire? Ora che Giuseppe Pisanuha realizzato il suo sogno di diventare ministro, ha abbandonato lo stile felpato d’un tempo e s’è, per così dire, gasparrizzato e ha dato il via alla crociata: "Cattolici con la tonaca per i quali tutto fa brodo, dagli sculettamenti dei Gay Pride alle sprangate di Genova. Il Governo non ha più nulla da dire. Bisogna tenerli a bada e, se necessario, usare tutta la forza dello Stato". Dopo questo exploit il neo ministro è uscito di scena, di lui si son perse le tracce: desaparecido!

A proposito di armi, caro Luca, debbo a te e ai miei affezionati lettori una confessione: negli anni ’40, quando frequentavo le Medie, l’Italia era in guerra. Ed io, come tutti i ragazzi delle scuole, ero un Balilla; e tanto era il mio entusiasmo, che decisi di affrontare l’esame per diventare capo-squadra dei Balilla Moschettieri. Dovetti studiare chilometri di date e centinaia di battaglie che avevano dato origine all’Impero Fascista. Superai l’esame, e ricordo ancor oggi l’orgoglio di sfoggiare sulla manica della camicia nera quella doppia V rossa: avevo 12 anni. Sfortunatamente per me, pochi mesi dopo caddero il Duce e il Fascismo, e lì terminò la mia carriera guerresca. Sorse poi la Repubblica di Salò. Io abitavo a Bergamo, e vidi rinascere i tempi del manganello e dell’olio di ricino. A 200 metri da casa mia sorgeva la Casa del Fascio: ho ancora nelle orecchie le urla dei partigiani che là venivano torturati. Oggi, tra le più alte cariche dello Stato, troviamo ex picchiatori fascisti. Maurizio Gasparri: gli hanno affidato nientemeno che il Ministero delle Comunicazioni. L’intrepido ex confida: "Al liceo Tasso noi giovani fascisti prendevamo un sacco di botte: eravamo 14 contro 800. Più che menare, io ero menato".

Un intenditore, dunque, che dopo i fatti della scuola Diaz di Genova e quelli di Bolzaneto affermò: "Stabilire se un poliziotto ha dato tre o quattro manganellate è un dettaglio. Quattro manganellate: che problema c’è?". E al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini: "È vero. A volte eccedo; ma non mi piace apparire ingessato". E lo hanno messo alle Comunicazioni! Mi viene in mente quanto diceva quel tale: un asino, anche se appare sul palcoscenico cento volte, non può diventare un cavallo; rimarrà sempre un somaro. Chissà se il Ministro conosce il famoso assioma: la comunicazione è il più bel gesto d’amore. Comunque debbo convenire con lui che anche il manganello è un mezzo di comunicazione.

A Gasparri fa eco il suo amico e sodale Ignazio La Russa, Presidente dei deputati di AN, che a Milano negli anni ’70, neolaureato in legge, era il duro d’un covo a S. Babila, temuta cittadella di pestatori. A fine luglio anch’egli ha espresso il suo acuto pensiero: "Perché i muscoli funzionino senza fare danni, debbono essere guidati dal cervello". Per lui, ricordi di gioventù. "Piazzisti che ingombrano il video" li chiamava Montanelli. E che dire di Francesco Storace, Presidente della Regione Lazio, un altro ex picchiatore fascista, che s’è messo in testa di rivoluzionare i testi scolastici di storia? Certo, tra i nostri giovani oggi c’è molta ignoranza. Ricordo quello studente a cui fu chiesto chi era Benito Mussolini. Prontamente rispose: "Il papà del pianista". Raccontiamola per bene la storia; io c’ero in quei giorni, e Storace non era ancora nato. Era famoso allora un gerarca fascista di nome Starace. Attenzione ai refusi, anche nei testi di storia! Se lo spazio non fosse tiranno, potrei continuare a lungo in questa esposizione di ritrattini.

Forse tu, Luca, non hai il piacere di conoscerlo. Ma c’è al Governo un tizio che si chiama Massimo Baldini, Sottosegretario alle Comunicazioni. Ultimamente, sorpreso dal deficit che sta accumulando la RAI, ha suggerito di sospendere la trasmissione "Il fatto", di Enzo Biagi, da lui definita "trasmissione che costa e non serve a nulla". Non faccio commenti; riporto solo le parole di Biagi stesso: "Un programma che per quattro o cinque sere alla settimana è il più visto alla RAI. Lo sa Baldini? Gli italiani pensavano d’aver chiuso i conti con il fascismo nel 1945; e invece siamo ancora al "cacciamoli via!". Evidentemente non gli basta il manganello ideologico. Che tristezza!".

E che dire del sindaco di Treviso, Gentilini (nomen omen, dicevano i latini: il nome è tutto un programma) che l’anno scorso proclamava: "Il nostro obiettivo è la conquista di Roma; scotenneremo viva la Lupa Romana e getteremo la testa del sindaco Rutelli nel torbido Tevere". Cesare Previti è riuscito per anni ad evitare le udienze in tribunale. Si è scritto da sé il necrologio: "Sono sempre vissuto alla luce del sole. Sono un falco, non un pipistrello". Non ne dubitavamo affatto, mister Falco. C’è solo una nube che oscura il suo coraggio: ho letto che i giudici lo hanno convocato in tribunale 150 volte come indagato, e si è presentato solo 2 volte, impedito da "gravi impegni parlamentari". A mio modesto avviso un falco autentico non dovrebbe aver timore di affrontare i giudici in tribunale come è dovere di ogni cittadino che non gode dell’immunità parlamentare. Dovessi scrivere un libro di zoologia per le scuole, metterei i falchi pavidi nella famiglia delle cornacchie. Scrive Enzo Biagi: "La democrazia, a differenza della dittatura, ha bisogno di grandi personaggi. La mia generazione ha sopportato Hitler, Mussolini e Stalin. Questi qui mi fanno ridere".

In che mani siamo finiti!

Leggendo le frasi virgolettate che finora ho riportato sembrerebbero incredibili, addirittura inventate. Ma io conservo i giornali italiani e le riviste straniere che le hanno riportate. All’affresco manca ancora il personaggio principe, Silvio Berlusconi, che lo scorso marzo esternò: "Non c’è nessuno sulla scena mondiale che può pretendere di confrontarsi con me; nessuno dei protagonisti della politica che ha il mio passato e la mia storia. Sono il leader migliore d’Europa e nel mondo".

E scusate se è poco. A Berlino, in due occasioni le sue esternazioni sull’Islam sono state riportate da tutti i giornali del mondo, e biasimate ovunque: "Non si possono mettere sullo stesso piano tutte le civiltà; bisogna essere consapevoli della nostra supremazia sull’Islam" ha affermato Berlusconi. Laddove ancora una volta si dimostra che la cultura non sempre va di pari passo con la ricchezza e il potere. Peccato che tra i valori della civiltà occidentale elencati dal nuovo Mosè meneghino non appaiano quelli gelosamente custoditi nei paradisi fiscali. In difesa del Cavaliere Frainteso è subito sceso in campo il suo portavoce Paolo Bonaiuti: "È la solita sinistra che specula su tutto". Suscita meraviglia che l’Homo Ridens di Arcore abbia bisogno di un portavoce; proprio lui che gode di giusta fama di impareggiabile affabulatore e narratore di barzellette. Onorevole (?) Bonaiuti, per chi ci hai preso? Siamo abbastanza intelligenti, e se vogliamo ascoltare le sciocchezze del Gabibbo, accendiamo il televisore. Non abbiamo bisogno di intermediari.

Non ti rendi conto che, come spesso ti succede, ti stai arrampicando sui vetri con le tue ingenue ed offensive spiegazioni?

Io son vissuto 15 anni nel Paese che conta nel mondo il maggior numero di islamici, l’Indonesia, e non sono di Sinistra. Pure, come milioni di altri italiani (anche all’estero) mi sono sentito ferito e offeso per la gaffe mondiale d’un Presidente che dovrebbe rappresentare tutti noi. La tua uscita poi è di un’ingenuità colossale. L’intelligenza degli italiani non ha bisogno di questi mullah che circondano Sua Emittenza. Caro Bonaiuti consentimi (un verbo un tempo caro anche al tuo boss) di darti del tu. Quand’ero ragazzo Mussolini aveva obbligato il popolo italiano ad usare il voi. Ma oggi abitiamo in in Paese in cui governa la Casa delle Libertà. Risparmio un mio commento alle uscite di Umberto Bossi: non intendo sparare sulla Croce Rossa.

Caro Luca, abbiamo alle spalle esperienze diverse, ma siamo tutti figli d’una medesima speranza. I piccoli ebrei e i bambini rom, deportati nel campo di concentramento di Terezim, disegnavano uccellini che si posavano sul filo spinato; a Sarajevo i bimbi coloravano cannoni e armi che riempivano i cieli privi d’azzurro.

Scriveva Pascal: "Fa piacere navigare con una barca come la Chiesa, squassata dalle tempeste, quando si è sicuri di non andare a fondo".

Ti offro un’ultima citazione: "Aspettiamo l’avvento della radice di Iesse. Che verrà e giudicherà con giustizia i poveri, prenderà decisioni eque per gli oppressi".

Parole scritte 2700 anni fa, da Isaia. Era un profeta, non una tuta bianca.

p. Ettore, sx.



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