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La fatica e la gioia di dire sì nella fede

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Un sogno del Beato Conforti diventa realtà

Padre Giacomo Spagnolo ha l'ispirazione di iniziare una nuova famiglia missionaria: l'Istituto delle missionarie saveriane. Solo in seguito scopre che, allo stesso progetto, aveva già pensato il beato Conforti. Padre Giacomo incontra "la signorina Bòttego", una donna di grande umanità e spiritualità. Dopo quasi un anno di incertezza, ella accetta di collaborare all'opera.

È il 24 maggio 1944. P. Giacomo Spagnolo è sulle colline parmensi, a Capriglio, sfollato insieme alla comunità degli studenti saveriani di teologia, di cui è rettore. Predica un corso di esercizi spirituali ai giovani saveriani in preparazione all'ordinazione sacerdotale.

Quella signorina con la corona in mano

Anche Celestina Bòttego, loro insegnante d'inglese, è sfollata nel paese e partecipa alle conferenze. Terminata la terza conferenza della giornata, p. Giacomo sta risalendo dalla chiesa verso casa. Vede "la signorina" che, uscita anch'essa di chiesa, si avviava verso la grotta di Lourdes con la corona in mano. Si ricorda allora che all'ufficio postale del paese sottostante era stata depositata una valigia per lei e le va incontro per informarla.

Ecco il suo racconto. "La signorina mi disse che desiderava chiedermi un consiglio. Dopo la sua decisione presa a riguardo dell'opera, non era rimasta tranquilla perché le pareva che fosse basata sulla vita comoda; che l'immagine del Crocifisso che io le avevo mandato a Pasqua con dietro scritto 'Tutto', l'aveva ancora più scossa e che particolarmente questi giorni di ritiro le avevano fatto comprendere chiaramente che per cercare unicamente il Signore, e non se stessa, doveva dire il suo 'sì'. Io da parte mia le dissi che ciò veniva a confermare il principio che i confessori e i direttori di spirito parlano in nome di Dio".

L'inquietudine e la pace di dire "sì"

Padre Giacomo, infatti, si era consigliato con due missionari di grande esperienza, parlando con loro del progetto di affidare gli inizi della nuova famiglia missionaria alla signorina Bòttego. Ed essi l'avevano incoraggiato, ritenendo che ciò era secondo la volontà di Dio.

Il diario continua: "Alla domanda se le sembrasse di ritornare quieta dicendo il "sì", rispose che sarebbe stata pacificata da qualsiasi decisione che togliesse la sua indecisione. La risposta è ovvia. Le espressi la mia intenzione di cercare e seguire unicamente la volontà di Gesù, attendendo sempre da Lui il segno per agire. In sostanza, oggi la Congregazione ha trovato la sua fondatrice, che al Signore dice il suo 'fiat'".

Ma come giunse p. Giacomo Spagnolo alla decisione di fondare il ramo femminile dell'Istituto saveriano per le missioni estere?

Negli anni della seconda guerra mondiale, padre Giacomo era un giovane saveriano. Era nato a Rotzo, sull'altopiano di Asiago il 31 gennaio 1912. Entrato a undici anni nell'Istituto saveriano, nel 1934 era stato ordinato sacerdote. Nel '38 aveva conseguito a Roma la laurea in missiologia. Nel '40, mentre insegnava al liceo saveriano di Parma, frequentava anche i corsi d'ingegneria, prima a Parma e poi a Bologna.

Ci aveva già pensato il beato Conforti

Era l'inizio della Quaresima del 1942. P. Giacomo, pur non conoscendo il progetto del Conforti, aveva cominciato a pensare alla fondazione di un Istituto di saveriane. Fu nell'incontro con un altro saveriano, il p. Giovanni Bonardi, nel mese di marzo, che egli venne a sapere del desiderio del Conforti.

P. Giacomo aveva chiesto la collaborazione di una giovane che le era sembrata adatta per l'opera. Questa, tuttavia, dopo un iniziale consenso, declinò l'invito. Ma ormai l'idea abita i pensieri di p. Giacomo, che annota nel diario: "Tra un teorema e l'altro di matematica o di scienza delle costruzioni, mentre ritorni a colloquiare col tuo Signore, ti ritorna alla mente quel progetto… Non si può lasciarlo languire. Ma sarà proprio questo che devi fare?".

"Mi è venuta in mente la signorina Bòttego"

P. Giacomo si confronta con persone di fiducia e ne riceve incoraggiamento. Intanto la guerra continua e i bombardamenti cominciano a farsi sentire. Il 2 luglio del '43 scrive: "Giorni fa, pensando all'Istituto delle nostre suore missionarie, mi è venuta alla mente la sig.na Bòttego come una persona adatta sotto tutti i punti di vista...". Rompendo ogni indugio, quella sera stessa andò ad incontrarla, in una casa di Suore della città, dove la sig.na Bòttego stava facendo gli esercizi spirituali.

Celestina Bòttego aveva allora 48 anni. Il papà, fratello del famoso esploratore Vittorio Bòttego, era di Parma; la mamma era statunitense di origine irlandese. Celestina era nata e cresciuta, fino a quindici anni, negli Stati Uniti. Venuta in Italia, aveva approfondito gli studi di inglese, che insegnava in varie scuole di Parma e anche ai missionari saveriani. Si dedicava, con grande sollecitudine, al soccorso materiale e spirituale di tante persone in difficoltà.

Il Crocifisso di Pasqua e l'augurio: "Tutto"

La signorina Bòttego, di fronte alla proposta di p. Giacomo, si mostrò negativa. Egli scrive: "Disse che era disposta a dare i mezzi, ma non se la sentiva di organizzare l'opera. Le risposi che aveva fatto bene a dirmelo, e che io cercavo solo di fare per me e per gli altri la volontà di Dio, e che quindi non intendevo violentare nessuno… Riconfermai a Gesù la dedizione della mia volontà a questo scopo, in attesa che Lui agisse e mostrasse la via. Qualche settimana dopo la sig.na Bòttego ritornò sull'argomento chiedendomi se avessi fatto qualcosa di nuovo. Quel suo interessarsi mi piaceva...".

Nell'agosto di quell'anno, il 1943, p. Giacomo fu nominato rettore della Casa Madre dei missionari saveriani a Parma. Dovette perciò abbandonare gli studi di ingegneria. Come rettore, inviò per la Pasqua dell'anno successivo gli auguri a Celestina, con quella cartolina del Crocifisso su cui aveva scritto: "Tutto". Fu come la goccia che fece traboccare il vaso!



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