L’ottobre missionario è importante
A Leone XIII, il pontefice che alla fine dell’Ottocento aveva dato un grande impulso alla propagazione della fede nel continente asiatico, i fondatori degli istituti missionari di allora chiedevano di scrivere una lettera autorevole a tutti i cristiani, perché prendessero coscienza di essere missionari anche nelle chiese di antica fondazione. L’appello è stato recepito dal successore, papa Benedetto XV, con la lettera enciclica “Maximum illud” del 1919.
Istituti missionari e fidei donum
È stato il concilio Vaticano II a togliere definitivamente l’ipoteca alla partecipazione di tutti i credenti all’opera missionaria. Nell’800 sono nati molti degli istituti missionari: alcuni come profetica espressione delle chiese locali (il Pime di Milano e il Mep di Parigi), altri come fucine per formare e invio i nuovi apostoli. Si chiamavano, infatti, missionari apostolici i missionari che andavano in missione: una pratica durata fino a oltre la metà del 1900.
Pio XII, con la lettera apostolica Fidei donum (21 aprile 1957), ha invitato tutte le chiese locali a condividere generosamente una parte del loro presbiterio con le chiese bisognose di sacerdoti. Sono nati così, negli anni ’60, i gemellaggi tra chiese sorelle ed è iniziato ad aumentare anche il numero dei laici volontari per la missione.
Da ''missioni'' a diocesi
Oggi sono considerate chiese locali la maggior parte di quelle che un tempo - prima del concilio Vaticano II - venivano ancora chiamate “missioni”, gestite da ordini e da istituti missionari. Questi istituti sono stati grandi fucine di apostoli del vangelo e hanno fondato in tutto il mondo comunità di cristiani. Le loro missioni si sono concluse con il loro naturale passaggio a “diocesi”, all’interno di Conferenze episcopali nazionali e regionali.
Ai nostri giorni è convinzione comune che tutta la chiesa sia missionaria e che tutti i membri della chiesa siano missionari.
Esistono ancora, e continuano a essere necessari gli istituti missionari, malgrado il numero dei membri si sia molto ridotto. Questi non sono più fondatori di chiese, ma sono a servizio di molte diocesi nel mondo, soprattutto di quelle più giovani.
Una feconda condivisione
La giornata missionaria che celebriamo nel mese di ottobre ci invita non solo a pregare per i cristiani di queste nuove chiese, ma anche a conoscerli e a solidarizzare con loro. Queste nuove chiese non diventeranno adulte se continuano ad essere o a sentirsi bisognose, cioè costrette a dipendere da contributi esterni.
A questo punto intervengono i missionari cristiani di ogni continente, di ogni cultura, di ogni ceto sociale e di ogni età, che vogliono dare un senso alla giornata missionaria mondiale. La crescita e la maturità delle chiese sorelle dipendono anche da loro.
Si tratta di realizzare un’autentica e feconda condivisione.
Di ricchezze umane e culturali le nostre chiese sorelle ne hanno molte e desiderano condividerle con noi nelle mille iniziative che le chiese, di qua e di là degli oceani, hanno cominciato a inventare per incontrarsi, conoscersi e aiutarsi.
Trovare le vie giuste
I gemellaggi, il volontariato, lo scambio per un commercio equo e solidale, le onlus che intendono risolvere alcuni particolari bisogni di quelle chiese, e anche le visite temporanee alle giovani chiese (ben progettate e seriamente motivate), hanno avuto fino a oggi un posto apprezzabile in questo processo di promozione reciproca e solidale.
Le lacune e le ambiguità nel campo della cooperazione sono ancora molte. Ma se il movente rimane l’amore di Cristo, allora troveremo sicuramente le vie giuste, i modi migliori e più consoni per testimoniare la condivisione cristiana con tutte le chiese e con tutti i popoli del mondo.