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L’icona della missione: La donna adultera

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Il peccato, questione comune

LA PAROLA

Gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala in mezzo, gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra.

Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”. (Giovanni 8,3-11)


Chissà come t’avevano presa quegli accaniti difensori della legge. Chissà chi per primo aveva fatto arrivare la voce che stavi con un altro.

Chissà dov’era quell’altro. Chissà cosa c’era dietro la tua fuga dall’uomo che t’aveva sposata. Quante lacrime, quanta speranza, quanta paura! Ecco, erano arrivati; la fuga era finita. Il conto era pronto e bisognava pagare.

Nel tuo cuore, insieme alla paura c’era rabbia. Rabbia di essere donna, in un mondo comandato dall’uomo. Sempre sotto padrone. Chissà se non t’è venuto un dubbio su quel Dio così maschio, la cui legge condannava te e non il tuo amante. Tanti pensieri che lasciano il cuore vuoto e nel buio.

Quelle mani addosso a te dovettero sembrarti così simili a quelle di chi muore di desiderio, sotto un volto accigliato. In quegli sguardi incollati su di te presagivi il gusto di esercitare, coprendoti di pietre, l’ultima forma di potere. Ti condannava il sistema, che non sapeva come fare con le donne: le dominava e se ne sentiva dominato, vinto dal desiderio. E questo Rabbi da cui ti conducevano, chi era? Poteva forse difenderti?

Non ti ha guardata, a differenza di loro. Sembrava assente; scriveva per terra, quasi a tracciare un abisso tra la loro furia e la sua tranquillità. Non s’è messo su un seggio, anche lui, a giudicare. Si è messo a scrivere per terra, come fanno i bambini.

Lui non parlava; tu non avevi parole. Come sarebbe finita? QQQqquando ha alzato il capo, tu non avevi più respiro. Ha detto: “Chi di voi è senza peccato...”. Ti sentisti come un uccello che intravede uno squarcio nella rete. Questo Rabbi portava il problema anzitutto su di loro. Il peccato non era solo il tuo; era una questione comune.

Fu la fine della finzione, come quando le luci del teatro si spengono e gli attori si ritrovano poveri umani come tutti. Il loro silenzio, gli sguardi abbassati, le pietre lasciare cadere dalle mani, i primi passi che s’allontanano, dai vecchi fino ai più giovani.

Sola, sempre nel mezzo. Incredula e ancora nella nebbia. Ecco, il Maestro s’alza per te. Non un’accusa, ma una domanda: “Dove sono?”. Tutti i giudici erano spariti dai seggi. Il processo era interrotto. L’unico senza peccato che poteva giudicare, non vi sedeva. “Neanch’io ti condanno. Va’ in pace e non peccare più”.

Com’era possibile, non negare il male e insieme regalare la pace al colpevole? Come era possibile riconoscere il peccato senza esprimere la condanna?

Te ne andasti, stupita e pensosa. Preparando il pane nella tua dimora ritrovata, avrai pensato spesso a questo incontro. Su quali spalle era finito il tuo peso? E da dove veniva la forza nuova che ti faceva riaccogliere la vita quotidiana? Hai seguito la storia dell’unico Signore, la cui signoria non ti aveva oppressa, conservando dentro di te la tua domanda.

Un giorno hai capito. C’era agitazione in città. La notizia circolava sulla bocca di tutti. L’hanno preso! Hai rivissuto l’angoscia di quel giorno. Ma lui era innocente! La folla era inferocita, come quei tuoi accusatori. Il cielo ti si oscurò. Forse provasti a trattenere qualcuno, ma gli eventi continuavano irrefrenabili. Verso mezzogiorno già traversava la città, piagato, fra la folla vociante. E poi la morte, lassù sulla collina. Allora hai capito dev’era finito il tuo peccato.

Hai capito perché ti eri sentita rinascere. Il resto della tua vita dev’essere stato un inno stupito di grazie.



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