Mons. Conforti richiamava spesso la dimensione missionaria della vita cristiana. Coloro che appartengono a Cristo, cioè tutti i cristiani, accolgono come proprio il progetto di arrivare fino ai confini del mondo per annunciare la Buona Novella. I cristiani devono quindi essere missionari. Conforti con il suo esempio ha insegnato che è possibile "allargare la vasta trama della carità sino ai confini della terra, dimostrando per quelli che sono lontani la stessa sollecitudine che si ha per coloro che sono membri della propria comunità" (Vat. II, Ad Gentes, 37).
La vita del Conforti come sacerdote è ben descritta in una lettera inviata ai preti della diocesi di Parma in occasione del suo 25° di presbiterato, il 2 agosto 1913. Li incoraggiava a imitare Gesù Buon Pastore, che è quello che egli, come vescovo e sacerdote, cercava di vivere ogni giorno:
"Le nostre preferenze debbono essere per coloro che versano in maggiori bisogni e ci offrono occasione più propizia di esercitare la nostra carità. Debbono essere per i poveri, per coloro che lottano con i dolori fisici, per i fanciulli, per i traviati...".
Allo straordinario zelo per l'opera missionaria e per il suo ministero episcopale, egli ha aggiunto l'esercizio eroico delle virtù cristiane, sacerdotali e pastorali, offrendo un fulgido esempio di vita apostolica, consacrata e contemplativa.
Il Concilio Vaticano II ha proclamato che la chiesa è per sua natura missionaria e ha detto dei vescovi che "sono consacrati non soltanto per una diocesi, ma per la salvezza di tutto il mondo". Questa concezione della chiesa e dei vescovi era propria anche del Conforti. Era un ideale che egli cercò di attuare in tutta la sua vita, divenendo modello per i suoi figli missionari, per il gregge delle sue diocesi, ma anche per i sacerdoti e i vescovi dell'intera chiesa di Dio.
Bene lo ha definito il card. Giuseppe Roncalli, nella commemorazione del XXV anniversario della morte: "vescovo di Parma, ma missionario per tutto il mondo".
