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L'anniversario: Un germoglio spacca la zolla

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I tre martiri saveriani del Burundi.

Per dodici anni, noi missionari eravamo tornati a Buyengero per celebrare la Messa e sostare in silenzio davanti ai fori delle pallottole assassine, ancora aperti nel muro. A destra, in basso, il foro della pallottola che aveva ucciso Catina. A sinistra, all’altezza di una persona inginocchiata, il foro della pallottola che aveva assassinato p. Aldo; al centro il foro della pallottola che aveva attraversato la testa a p. Ottorino.

Partivamo di buon mattino, lasciando alle spalle Bujumbura. Le macchine scollinavano sulla strada sterrata che taglia le verdi piantagioni di tè. Uno scenario da favola. E infine, l’amarezza di vedere ampi spazi vuoti nella chiesa che p. Ottorino aveva costruito per la sua gente. Il ricordo dei martiri sembrava quasi essere un affare privato, di noi saveriani.

Al pomeriggio rientravamo. Lo scenario delle colline, popolate di alberi e piante di ogni forma e altezza, portava a fantasticare sulla grande impazienza dei semi africani. La terra li ha appena accolti e già germogliano, diventano arbusto e pianta che dona frutto. Tutti. Eccetto il seme dei martiri di Buyengero. Quel seme ancora non era riuscito a spaccare la zolla di terra che lo nasconde.

Dio non ha dimenticato il gesto d'amore

Quest’anno il 30 settembre, per la prima volta, il vescovo è venuto in visita alle tombe dei martiri. Le ha benedette e incensate. Poi ha aggiunto: “E ora, entriamo in chiesa a pregare". E la chiesa si è riempita all’inverosimile. All’omelia della Messa ha dichiarato che "Dio non ha mai dimenticato il gesto supremo d’amore di questi missionari".

Il momento della verità è maturato durante i discorsi che fanno seguito al pranzo ufficiale. Qui in Burundi lo chiamano "il momento della parola”, appunto.

Per la prima volta il sindaco di Buyengero ha chiesto scusa davanti al vescovo e a tutti i capi del circondario. È stato come se si fosse tolto di dosso un macigno. “Da dodici anni ci portiamo addosso vergogna e omertà. Oggi abbiamo deciso di domandare perdono a p. Ottorino, Catina e p. Aldo. Li abbiamo uccisi nel momento in cui stavano dando il meglio di loro stessi alla popolazione martoriata dalla guerra. A nome mio personale e di tutti gli abitanti di Buyengero, domando perdono alla comunità cristiana e ai missionari saveriani, che donano tutto di loro stessi alla nostra gente". Poi ha continuato descrivendo tutto quanto la gente sa.

Il vescovo si è alzato per affermare che di assassinio si tratta: ”Dobbiamo riconoscere e confessare che è un assassinio. Chi ha ucciso, porta inscritta nell’angolo più segreto del proprio cuore la gravità di quel gesto.  Non dobbiamo imputare la colpa a tutta la popolazione. Ma gli abitanti di Buyengero possono vivere questo momento di verità e di riconciliazione, riprendendo il cammino di giustizia e di progresso che i nostri martiri hanno intrapreso. Il momento è venuto per noi, ed è questo, di cominciare a unirci per produrre, con le forze che ci ritroviamo, dei gesti concreti di giustizia, di pace, di progresso.

È l'ora di chiedere perdono

Insomma, è stata una vera prova generale di coraggio. Dentro l’orizzonte più ampio dell’intero Burundi, a Buyengero un germoglio ha spaccato la zolla. Per chi ha tempo di attendere, non rimarrà un gesto isolato. Anche perché due anni fa i vescovi hanno indirizzato una lettera ai politici del paese, per ricordare loro la necessità, dopo quarant'anni di assassinii e di violenze, di chiedere nominalmente perdono. Ma i tempi non sembrano ancora maturi.

Sembra invece urgente, per noi missionari, cominciare a perdonare a coloro che, in questi quarant’anni, hanno ucciso i nostri confratelli, ne hanno espulsi altri, hanno martoriato i nostri cristiani. Forse il tempo è venuto, ed è questo, in cui i nostri cristiani hanno bisogno del nostro esempio per guarire una memoria ferita al punto da bloccare sul nascere ogni gesto di perdono. Dato e ricevuto.

In questo modo, i cristiani del Burundi imparano una loro strada per testimoniare il vangelo.



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