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L’Africa mi ha aperto gli occhi

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Durante l’incontro mensile di formazione missionaria, domenica 15 gennaio, al Centro Urbani di Zelarino, abbiamo incontrato don Giovanni Volpato, attuale parroco di Santa Maria Assunta a Jesolo. La sua esperienza missionaria in Kenya è stata l’occasione per chiedergli come l’ha vissuta. Ha trascorso due periodi della sua vita, prima a Ishara (diocesi di Embu) dal 1982 al 1990 e poi a Ol Moram (diocesi di Nyahururu) dal 1995 al 2008. L’abbiamo intervistato.

Perché sei partito per la missione?

Fin dal seminario volevo diventare un presbitero aperto al mondo. Al patriarca Luciani avevo chiesto di vivere un’esperienza come Fidei Donum in Brasile. Erano gli anni ’70, ma i tempi non erano favorevoli. Mi ha risposto di “aspettare un buon segno dalla Provvidenza”.

Poi, il Patriarca diventa papa Giovanni Paolo I. Il cardinale Cé mi manda a chiamare e mi prospetta la possibilità di fare un’esperienza a Ishara, in Kenya. E così tutto comincia.

Come hai vissuto questa esperienza?

All’inizio eravamo in tre e ci siamo dedicati, oltre che all’attività pastorale, alle opere di promozione sociale. A quel tempo c’era una vecchia idea di parrocchia. Celebravamo la messa domenica, visitavamo le piccole comunità, facevamo le attività con i movimenti ecclesiali e la visita alle scuole.

Nella seconda missione, ci sono stati dei problemi a livello tribale, con morti e feriti. Oltre al normale impegno, abbiamo iniziato un’attività (la Saint Martin) con i ragazzi handicappati. Dopo un censimento, abbiamo scoperto che erano tantissimi. Li abbiamo messi al centro della vita del villaggio.

Insomma, tutti dovevano preoccuparsi di loro, così come S. Martino si era fermato per aiutare il povero, aggiungendo però una caratteristica africana: non più sul cavallo, ma tutti e due inginocchiati, guardandosi in faccia.

Chi è nel bisogno deve essere messo davanti a me e incrociare i miei occhi e il mio cuore.

Cosa ti ha dato l’Africa?

La risposta qui diventa più profonda. In Africa si impara a essere più umili, si incontra gente bisognosa, semplice, che si accontenta e che dà il proprio contributo alla comunità.

Cosa pensi di aver dato tu all’Africa?

Mi pare di essere stato comprensivo e disponibile a cambiare e a capire i problemi. Soprattutto, ho avuto la pazienza dei tempi lunghi (voi avete l’orologio e noi abbiamo il tempo, dicono gli africani). In più ho visto che il Signore scrive bene anche in situazioni difficili. In sintesi direi Africa=gioia di vivere e giovinezza.

E se lo dice uno di 75 anni, c’è da credergli.



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