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Impariamo a dire ''grazie'', Un invito che vale per tutto l’anno

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Impariamo a dire spesso, anche nel dolore: "Te Deum laudamus - Ti lodiamo, o Dio". È un inno liturgico antico che la chiesa canta nelle grandi feste, anche a fine anno, per esprimere a Dio gioia, lode e riconoscenza per il suo amore infinito, che si rivela in doni e grazie innumerevoli.

La piaga dell'ingratitudine

Purtroppo l'ingratitudine è una piaga inguaribile sempre più diffusa, a causa dell'egoismo e dell'orgoglio che acceca tanta gente e non permette di vedere il bene che riceviamo da Dio e dagli uomini, a cominciare dal dono della vita e della salute, del cibo che ci nutre, dell'aria che respiriamo, dell'acqua che beviamo, dei vestiti che indossiamo, dei parenti e degli amici che ci vogliono bene.

Scriveva un poeta romano: "Se c'è un uomo di talento, quando è vivo, invece di tenerlo sull'altare, lo portiamo al macello! Dopo che è morto, gli fanno il monumento". Sembra la parafrasi di un severo rimprovero di Gesù ai farisei: "Ipocriti, i vostri padri hanno ucciso i profeti e voi avete fatto loro i monumenti".

Grazie, O Dio

Apriamo gli occhi e il cuore al Signore che ci passa vicino e ci parla con amore; ci offre la sua amicizia e il suo perdono e ci invita a seguirlo per aiutarlo a salvare il mondo. Diciamo anche noi, come innumerevoli cristiani hanno fatto per secoli e in tutte le lingue: "Ti lodiamo, o Dio", o ancor più brevemente, "Grazie a Dio".

Accanto a queste mie povere parole, potete meditare quelle più belle del saveriano romagnolo p. Giuseppe Arrigoni, morto a Parma il 29 settembre scorso. Sono state scritte trent'anni fa in Africa ed esprimono la sua gratitudine universale a Dio, ai genitori, alla famiglia saveriana, a tutti i giovani, e a tutti gli amici e benefattori che lo hanno aiutato a fare del bene ai fratelli più poveri.



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