Il viaggio del missionario
Motore che sbuffa, tangenti e burroni
Dopo l'incidente del ribaltone che mi ha rotto le costole, non so quando riuscirò a mettere di nuovo i piedi su un’altra di quelle scatole metalliche a quattro ruote e avventurarmi ancora su strade impervie, che la pioggia aggredisce dall’alto e la vegetazione incalza dai lati. Intanto, vi racconto come avviene un viaggio sulle strade congolesi...
Qui il prete porta fortuna
Mi ero accordato con il proprietario di un’auto che doveva partire verso Uvira: un’occasione insperata, dato che in questi mesi i bus che collegano Bukavu a Uvira imboccano la strada asfaltata che attraversa il Rwanda per una trentina di chilometri, prima di immettersi sulla vecchia carreggiata che congiunge Bujumbura a Bukavu. Percorso sicuro, ma troppo lungo e costoso per noi stranieri che dobbiamo pagare il permesso di transito.
Cinque minuti prima della partenza sono sul posto. Autista e aiutanti sono occupati a porare fette di pane e miele. Dopo tre ore la vettura è ancora immobile, in attesa che si presenti altra gente interessata al viaggio e disposta a pagare il biglietto. Di tanto in tanto, l’autista solleva la capotta per armeggiare all’interno.
A quel punto mi accorgo che sul parabrezza spicca la scritta: "in prova"! Ho un brivido al pensiero di trovarci, nel buio della notte, sulla strada scoscesa e malconcia. Dico che me ne vado altrove, ma le suppliche sono intense. Dimenticavo che da queste parti il prete porta fortuna: se capitano disgrazie lui sa inventare qualcosa…
La voglia di un ...malocchio
Su quella specie di furgone eravamo in 13: cinque sui tre posti del sedile posteriore, cinque rannicchiati nel bagagliaio, semisepolti da pacchi e borse, e noi tre sul sedile anteriore; potevamo considerarci dei nababbi. Finalmente alle 4 del pomeriggio l’autista fa partire la quattroruote. Insieme al rombo del motore si levano le voci festose dei passeggeri.
Usciti dalla città, i poliziotti stradali ci fermano. S’indigna l’ufficiale: "Questa è una camionetta o un taxi? E perché non hai la patente?". L’autista esce e inizia un dialogo lungo e tormentato. Mi chiedo come possa esistere un autista di mezzi pubblici (o quasi) senza patente. Il suo vice mi spiega: "Dice così per evitare di farsela requisire e dover poi recuperarla a un costo eccessivo".
Dietro i finestrini i passeggeri commentano le varie fasi della commedia che si svolge all’aperto: "Le solite cose del Congo! Così sono i congolesi, avidi di sbranarsi a vicenda!". Anch'io intervengo: "Troppo comodo questo pessimismo, che serve come alibi per non fare niente. Cosa c’entra il Congo? Chiediamoci piuttosto se vogliamo o no che qualcosa cambi...". Ho voglia di scaraventare qualche malocchiosu quelle facce arroganti!
Una lampada come fanale
Alla fine, ripartiamo. L’autista conosce bene il suo mestiere, con quel motore che ogni tanto si mette ad ansimare e tossire, per ripartire a spintoni. L’acquazzone ci coglie per strada, ma non c'è il tergicristallo. L'autista spinge la mano fuori dal finestrino e con un mozzicone di caucciù spazzola lo stretto necessario per inpiduare la strada...
Presto si fa notte. L’unico faro in azione si sforza di indicare almeno il bordo esterno della carreggiata, sotto il quale inizia il precipizio. Ma poi la luce impallidisce e ogni tanto si spegne. Spiego che dentro la valigia ho una lampada capace di toglierci dall'imbarazzo. Viene fissata con elastici di gomma alla carrozzeria, tra i due fanali. Adesso vediamo abbastanza bene la strada davanti a noi. Il precipizio è là, alla nostra sinistra.
Possiamo ripartire. Un’ultima spinta, e un applauso generale in mio onore si unisce agli sbuffi del motore. Restano solo 25 chilometri. È tardi e trovo la casa della missione avvolta nel silenzio!
Che gioia essere arrivati sani e salvi!