Il pastore del monte Caio
Tema del "Paginone" di questo numero: "Luglio 1951, Otto saveriani sbarcano a Sumatra"
Dalla Cina all’Indonesia: padre Pietro Spinabelli - Pietro Spinabelli era nato nel 1902, a Capriglio, una manciata di case raccolte alle pendici del Monte Caio, in provincia di Parma. La gente di montagna si accontentava di poco; un piccolo orto, il pollaio, qualche pecora e un paio di mucche, rappresentavano tutte le loro risorse. Il piccolo Pietro lasciò presto il suo gregge e il paesello per entrare nel Seminario diocesano di Berceto: voleva diventare prete.
Ma ben presto una vocazione più grande gli fiorì in cuore: partire per le missioni d’oltremare. Lo accolse a Parma mons.Conforti, nell’Istituto Saveriano che forgiava gli apostoli per la lontana Cina. Padre Pietro venne ordinato prete nel Sabato Santo del 1929. Ma il sogno della partenza sarebbe durato a lungo prima di tradursi in realtà: i Superiori stimarono più utile la sua presenza nelle Case di formazione in Italia, piuttosto che il suo apostolato diretto in Cina.
Trascorsero così parecchi anni. Pietro era un figlio obbediente, lavorava con impegno e non si sarebbe mai sognato di lamentarsi, e tanto meno ribellarsi alla volontà dei Superiori. Solo quasi 20 anni dopo la sua ordinazione sacerdotale, consigliato anche da alcuni amici, ebbe il coraggio di prendere carta e penna, e scrivere al Superiore Generale: "Viaggio ormai verso i 50 anni. Sapendo che in questi giorni si sta decidendo la sorte di molti di noi, oso esprimere ancora una volta il mio desiderio di partire per la Cina, sperando, con l’aiuto di Dio, di poter servire a qualche cosa!".
Questa volta la sua richiesta venne accolta. Con altri tre confratelli, il 12 dicembre 1947 lasciò l’Italia diretto in Cina. Partirono in aereo, da Roma: era il primo gruppo di Saveriani che non utilizzava la nave per il viaggio. Un viaggio con molti scali, dal momento che in quel tempo per i voli intercontinentali gli aerei non volavano di notte: Bassora, Calcutta, Bangkok, Hong Kong, Shanghai, furono le tappe di quel viaggio interminabile. Raggiunsero Pechino alcuni giorni prima di Natale. Lì i quattro trovarono un gruppetto di confratelli impegnati nello studio del cinese, una lingua ostica, che richiedeva anni di pratica prima di poter essere usata con discreta familiarità.
Solo un anno dopo p. Pietro lasciò Pechino per raggiungere la missione di Tsing Kiang, nella regione del Kian-si, al sud della Cina. Ma già la Bufera rossa stava per travolgere ogni cosa: sceso dal nord, l’esercito di Mao Tse Dong stava completando la sua conquista. L’attività di p. Spinabelli in Cina ebbe breve durata: nel gennaio del 1951, con il compagno p.Angelo Scaglia, venne espulso e raggiunse altri confratelli già rifugiatisi ad Hong Kong. Una parte di loro, con la salute assai compromessa da mesi di carcere e battiture, venne richiamata in Italia. Ma un buon gruppo di Saveriani non ne volle sapere di rimpatriare: alcuni partirono per il Giappone, altri per il Bangladesh e l’Indonesia. Di questo piccolo gruppo (otto) faceva parte p. Pietro Spinabelli. Con la nave inglese "Corfù", nel luglio del 1951, raggiunsero le coste orientali dell’isola di Sumatra, Indonesia.
A quasi 50 anni p. Pietro iniziava così una nuova avventura, che durerà per altri 40 anni. Descrivere l’attività, lo zelo, la simpatia e l’amore che hanno intessuto l’ordito di tutti gli anni trascorsi in Indonesia richiederebbe un numero spropositato di pagine. Pastore buono e fedele, p.Spinabelli non ha lasciato alcun testamento spirituale, come non ha mai pensato di tracciare programmi che indicassero come "convertire" gli indonesiani. Lui, montanaro del Caio, discreto e infaticabile, ha continuato a seminare la Parola e le opere buone, lasciando al Signore il compito di far fruttificare la preziosa semente. Il suo funerale, celebrato a Padang, fu più un trionfo che una mesta cerimonia: cristiani, buddisti, musulmani, fecero a gara per celebrare l’ultimo viaggio del "padre santo e misericordioso".
Ora la sua salma riposa nel piccolo cimitero che accoglie i Saveriani dietro la loro casa a Padang, ricco di fiori e di preghiere. Dicono gli scienziati che la luce di certe stelle dura ancora a lungo, dopo la loro scomparsa.
Per chi la guarda con gli occhi dell’amore e della riconoscenza quella luce non si spegnerà più.