Skip to main content
Condividi su

Per noi italiani, il cibo è qualcosa di importante. Sappiamo subito distinguere se è buono, se è fatto in casa o meno. Per cui, quando cominciamo ad andare in giro per il mondo, ci viene spontaneo fare commenti e confronti. Quante volte abbiamo parlato di spaghetti, di parmigiano, di vino e di altre cose buone della nostra dieta mediterranea.

Quando, come è successo a me, viene il momento di vivere in Africa, incontrare altre culture, anche sotto il profilo gastronomico, allora cominciano i dubbi. Ci si chiede: come sarà il cibo che mangerò? Poi, però, viene spontaneo dire: ma se lo mangiano anche loro, sicuramente sarà buono. E così, oltre all’avventura missionaria, si incontra la vita della gente anche nel cibo quotidiano. La natura ha riempito l’Africa di alimenti buoni. Frutta e verdura su tutto, ma non mancano carne e pesce. Ma la cosa più interessante è naturalmente la preparazione del cibo. Ad esempio la manioca. Viene coltivata nei campi, soprattutto dalle mamme. Quando è matura, viene tolta dalla terra (è un tubero) e poi messa a macerare nell’acqua per togliere la parte velenosa. Viene spaccata e ridotta in pezzetti e fatta asciugare al sole. Quindi, pilata a ritmo di canto, in un contenitore di legno fino a ridurla a farina bianca. Dopo che è asciutta, si scalda un pentolone, e si fa una specie di polenta (un mestolo gira in continuazione) e ne esce un composto che viene messo in un piatto di portata. A lato, c’è il sugo, fatto con pomodori, arachidi frantumate, tutto immerso in olio di palma. Questo è il cibo base, a volte sostituito da riso. È accompagnato da erbe cotte (lengalenga), qualche pezzo di carne e un po’ di birra.

E la frutta, direte voi? Si mangia in altri momenti e in fretta. Prima gli uomini, poi le donne e alla fine, quello che rimane, i bambini. Si mangia in silenzio, intingendo la manioca (ridotto a pallottolina) nel sugo. Naturalmente, le mani cominciano a diventare rosse e unte, per l’olio di palma. E tutto finisce in fretta. Poi bisogna lavare i pentoloni, togliendo il nero dall’esterno, con una buona sfregatura di sabbia che li fa diventare puliti e splendenti. Se invece si è sul lago, allora c’è l’imbarazzo del pesce: dal più piccolo (bollito con pezzetti di papaia) al capitaine (lungo da 1 metro e più): una vera delizia.

Certo, bisogna abituarsi a questi cibi, ma alla fine tutto diventa buono. E poi la fame ti fa mangiare tutto! Mi fermo qui, altrimenti mi torna l’acquolina in bocca!



Scarica questa edizione in formato PDF

Dimensione 2326.73 KB

Gentile lettore,
Continueremo a fare tutto per portarvi sempre notizie d'attualità, testimonianze e riflessioni dalle nostre missioni.
Grazie per sostenere il nostro Giornale.


Altri articoli

Edizione di Maggio 2012

L’amico dei bambini, Ricordo p. Domenico Rovedatti /2

Un confratello definisce p. Domenico come "il saveriano ricordato". Uomo di preghiera, sempre accogliente, aveva particolare cura nell'ascoltare le...
Edizione di Novembre 2015

Tante tappe e tante storie…

Sessant’anni fa, il 7 ottobre 1955, iniziava ad Alzano Lombardo la presenza stabile e continua dell’ "Istituto Saveriano per le Missioni Estere”, o...
Edizione di Dicembre 2016

Tutti i mezzi e le forze per la missione

Era il 1926, quando mons. Guido Conforti, circa trent’anni dopo aver fondato l’Istituto saveriano per le missioni estere, chiese a Roma di poterne ...
Logo saveriani
Sito in costruzione

Portale Unico dei Saveriani in Italia

Stiamo finalizando la nuova versione del portale

Saremmo online questa estate!

Ti aspettiamo...

Versione precedente del sito