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I nuovi allestimenti: Il museo, luogo della mondialità

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Dopo la lunga analisi storico-motivazionale, va da sé che il radicale rinnovamento del museo e i nuovi allestimenti sono stati pensati sulla linea di quanto lì detto, recuperandone il senso e le sue origini e ripulendolo comunque dalle scorie accumulate nel tempo.

La struttura architettonica del nuovo museo è disposta su tre livelli: al terzo livello ci sono la sala didattica, l'ufficio, la saletta archivio e documentazione; al livello intermedio, la reception, lo spazio per le mostre temporanee e lo spazio kayapò; al livello seminterrato, lo spazio Cina. Appaiono per primi, nell'androne delle scale che portano alla reception, quattro grandi quadri di ispirazione religiosa e provenienza cinese: cristianesimo, buddhismo e confucianesimo, a testimoniare l'humus in cui il museo, che comunque non è neppure lontanamente un museo religioso, è nato e un essenziale aspetto dell'incontro tra civiltà e culture.

Nella progettazione si possono individuare cinque aree: 1. area ingresso; 2. area mostre temporanee; 3. area kayapò; 4. area Africa; 5. area Cina.

L'ingresso con tre quadri

L'ingresso è costituito da un lungo tazebao, che è il manifesto semantico e concettuale, il biglietto da visita dell'intero museo. Diviso in tre quadri presenta, nel primo, un breve filmato di introduzione all'audace progetto: il fondatore, la nascita dell'istituto e del museo e l'impegno a tutto campo dei saveriani.

Il secondo "quadro" esplicita la missione dell'istituto, con il museo che diventa quasi l'epitome del suo impegno culturale. Così, le stesse riviste edite negli anni dai saveriani (Fede e civiltà, Missione oggi, CEM Mondialità, Voci d'Oltremare) vengono richiamate per focalizzare l'attenzione sulla Madre Terra, dono e casa per tutti: religioni, culture, diritti al cibo e alla salute, doveri della protezione dell'ambiente, sfide globali... Per realizzare questa idea, abbiamo volutamente abbandonato la tentazione di ricorrere a un'ormai onnipresente multimedialità "passiva", e optato invece per una più coinvolgente manualità: il visitatore potrà far ruotare le 26 formelle bifacciali che gli daranno spunto per una riflessione sulle nostre responsabilità, per la sopravvivenza e il benessere di tutta la terra. Il museo non vuole essere un semplice contenitore di oggetti, bensì luogo della mondialità.

Il terzo quadro riprende il tema dell'armonia. Si possono vedere grandi foto di oggetti appartenenti a tutte le culture rappresentate in museo e riunite sotto un'unica "forma", quella del cerchio. Vogliono sottolineare l'armonia e l'universalità che, nel segno dell'arte, regnano tra tutte le culture del mondo. Il cerchio è figura archetipa di armonia: richiama alla mente il mandàla dell'arte tibetana, il simbolo Yin e yang cinese, la circolarità del villaggio kayapò, la figura africana con le braccia levate a cerchio nel segno del porre fine alle liti, la "O" di Giotto in versione cinese e giapponese, il frutto della palma della foresta amazzonica, la testa indonesiana, la maschera e l'ombelico africani, gli occhi e le orecchie dell'idolo messicano, il loto bengalese, il bracciale/cavigliera del Camerun...

Il museo "squaderna" i suoi materiali in una specie di patchwork, proponendo un viaggio all'interno dell'armonia del mondo degli uomini e della natura.

Allestimento temporaneo con le... sagome

L'allestimento temporaneo predisposto per l'inaugurazione è del tutto particolare. Sembrava importante, in questa specie di nuovo inizio del museo, sottolineare come esso sia nato sì dalla volontà di un singolo, ma ha potuto svilupparsi solamente perché dietro ad esso si è posto tutto l'istituto. È nata così l'idea di collocare una serie di sagome a grandezza naturale di alcuni saveriani (in primis il fondatore e poi quelli più meritevoli delle fortune del museo), simbolo di tutti i saveriani passati e presenti, vivi e morti, vecchi e giovani, in bianconero e a colori, italiani e stranieri.

Al visitatore sembrerà di muoversi tra una piccola folla e di avanzare nella storia e nelle vicende di un organismo vivo e pittoresco. Le sagome, collocate come nel ventre del museo, con un collegamento fortemente suggestivo, evocano la Cina, primo amore dei saveriani, e rimandano al famoso esercito di terracotta di Xi'an, schierato nelle viscere della terra, per vegliare sui fasti della Cina imperiale. Le sagome saveriane intendono rendere palpabile l'impegno dei saveriani a continuare e a tenere vivo l'audace progetto.

I valori kayapò

I kayapò sono un piccolo gruppo indio dell'Amazzonia tra i quali i saveriani lavorano da alcune decine di anni. Rappresentano quelle tante minoranze depositarie di un immenso bagaglio di valori.

Quella che abbiamo allestito è la più completa collezione in Italia e, forse, anche in Europa, di oggetti della loro cultura. Tuttavia, più che esibirne gli oggetti, comunque coloriti e veramente spettacolari, intendiamo veicolare i valori del loro universo concettuale, trasmessi dai simboli con cui affermano la propria identità: la pittura corporale, i miti delle origini, il senso di una presenza che se pur piccola, si rifà alle grandi leggi dell'universo, la coscienza di possedere una dignità originale, che salda insieme nel loro ideale di vita di popolo forte e bello, gli esseri viventi, l'habitat naturale e perfino gli utensili di uso domestico e quelli rituali di guerra.

La vitalità africana

La mancanza di spazi ci permette di dare solo un piccolo assaggio della grande mole di materiali africani presenti in museo. Provengono tutti da aree (Congo, Sierra Leone, Camerun) in cui i saveriani lavorano da decenni e saranno quelli che, presumibilmente, ci offriranno più occasioni per esporli nelle prossime mostre temporanee.

Negli anni passati, il museo ha allestito una mostra ed editato un volume dedicato a "Le fonti del sacro nell'arte africana". I pochi oggetti esposti in permanenza vorranno dire al visitatore la principale ragion d'essere dell'enorme produzione di maschere e statuette africane: il loro essere intermediari tra il mondo divino e quello umano.

Qui ci siamo anche consentiti qualcosa che potrebbe sembrare una caduta di stile estetico. Abbiamo riservato un angolino al folklore-museo-missionario, che farà storcere il naso ai puristi. Già nel vecchio allestimento avevamo notato come i piccoli visitatori del museo corressero a vedere il ghepardo africano imbalsamato e le grandi zanne di elefante scolpite. L'Africa è anche questo e ci dispiaceva non riservare un angolino anche ai nostri amici più piccoli.

Il museo, come appare chiaro, non è monotematico e non vive per dare asettica testimonianza di reliquie del passato. Piuttosto, e lo abbiamo tenuto presente in tutte le aree espositive, vuole sottolineare la vitalità, anche contemporanea delle culture che vi sono rappresentate: i saveriani sono vivi e più universali che in passato, la Cina è vigorosa e gentile, i kayapò sono ancora "forti e belli" (i greci dicevano di sè: kalòs kai agathòs - belli e buoni) e l'Africa è ancora lussureggiante e fascinosa.

La Cina e il materiale "primogenito"

Una specie di ballatoio, formato da un'ampia rampa che gradualmente porta dal livello intermedio del museo a quello più basso, consente di aver un colpo d'occhio completo sulla sottostante area Cina: lo spazio più vasto che ospita il materiale "primogenito" del museo. Vi spiccano l'ampio anfiteatro formato dalle vetrine nelle quali si può ammirare la collezione di terrecotte e porcellane cinesi; l'enorme taiji circolare (pensiamo possa essere il più grande d'Italia) con i simboli dello yin e dello yang, due grandi vetrine che provengono dai vecchi allestimenti e recuperate per conservare la memoria storica del museo; lo spettacolare, grandioso paravento cinese a 12 ante, appena restaurato col contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Parma; il tavolo dei calchi, l'angolo dello studiolo del letterato cinese; le vetrine dedicate alla statuaria; l'abito di corte; il grande Buddha in legno dorato; il cassettone dei dipinti.

Una postazione multimediale è dedicata agli appassionati di numismatica, che avranno modo di navigare tra gli esemplari di una delle più ricche collezioni di monete cinesi che ci siano in Italia.

La discesa della rampa è accompagnata dalle immagini di una spettacolare proiezione che propone immagini della Cina antica e di quella nuova, le arti, i paesaggi e la gente del passato e del presente di questa grande nazione. Pannelli esplicativi e curatissimi touchscreen e monitor sparsi qua e là esaltano la funzione didattica e informativa tipica di ogni museo.

Per concludere, il museo, esaltando e migliorando la fruibilità dei materiali di valore artistico, specie quelli cinesi, ha indossato un abito non "accademico" più del necessario, né paludato. In uno spazio, tutto sommato ridotto permette al visitatore di fare un'esperienza "senza tempi morti" e, data la varietà e fascino dei materiali, non consente di annoiarsi o avere cadute di interesse. La stessa architettura museale e tutto il percorso espositivo si presentano come un continuum - un nastro trasportatore - privo di interruzioni come passaggi di stanza in stanza, gradini separatori o spazi di trasferimento. No, questo è un allestimento che scorre placido come un fiume.

Ha, anzi, un'ulteriore caratteristica che potrebbe sembrare mortificante: il ritorno obbliga a rifare all'indietro lo stesso percorso. Il visitatore rivede le cose da un'altra angolazione e può approfondire quanto nel primo passaggio può aver visto di sfuggita o distrattamente, così come potrà iniziare la visita da qualsiasi punto senza smarrirne il filo conduttore, che rimane più che mai quello che ha determinato la nascita del museo: un luogo che celebra l'incontro delle culture.

Un allestimento festoso e vario nei materiali esposti e perfino egalitario nell'uniformità del laccato bianco e della trasparenza del cristallo che domina tutti gli arredi.



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