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Ha portato Maria in terra musulmana

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Come una galea luminosa, nel buio

Il Paginone di questo numero è dedicato ai 7 pionieri Saveriani che nel 1952 aprirono le loro prime missioni in Indonesia, nell’isola di Sumatra. Ecco come uno di loro, p. Pietro Spinabelli, introdusse la statua di Maria tra i Minangkabau, la razza musulmana più fervente dell’isola.

Quando p. Spinabelli salì a Bukittinggi per organizzarvi quella che noi chiameremmo "parrocchia", la popolazione di quella cittadina ignorava quale tesoro stava per ricevere. Racchiusa come una perla tra i monti che circondano il vasto altipiano, attraversato dalla strada che porta al centro dell’isola, Bukittinggi, a mille metri sul mare, gode d’un clima e d’una fertilità invidiabili: orti e risaie che sembrano giardini; costruzioni dai tipici tetti che richiamano le corna del bufalo, che qui chiamano kerbau. Due vulcani la sovrastano: uno attivo ed uno spento. La città è abitata dal fiero popolo Minangkabau ("la gente del bufalo vittorioso"), in stragrande maggioranza composta da musulmani molto convinti, che non guardano con simpatia i cristiani.

Il gregge di p. Spinabelli era costituito da poche decine di cattolici, di razza cinese o giavanese, sparsi in una regione che contava allora 350 mila abitanti.

Una missione vastissima, che il padre percorreva in lungo e in largo senza badare a sacrifici. Padre Pietro non era uomo da progetti pastorali o da "piani di vita"; seguiva un principio appreso in teologia e che lo guidò per tutta la vita missionaria: actio sequitur esse, l’azione segue l’essere; l’apostolato scaturisce spontaneo e sapiente dal continuo vivere in Dio. Aveva sete di anime, ed era impaziente di portare loro la Parola di Cristo. Lasciò agli specialisti il compito di studiare il metodo di presentare il Vangelo alla mentalità orientale, e si gettò nell’apostolato diretto.

madonnaPossiamo tranquillamente affermare che in quel periodo della sua vita missionaria p. Spinabelli non fu un navigatore solitario, ma certamente un apripista. Il suo metodo fu subito e sempre il continuo contatto con la gente: missione non è insegnamento, ma comunicazione e, soprattutto, testimonianza. Le parole spesso non dicono nulla, girano a vuoto come il mulino della preghiera usato dai tibetani. Padre Pietro visitava i villaggi, entrava nelle case, e là trovava cristiani da incoraggiare e pagani da illuminare. La sua discrezione, le sue premure per aiutare, senza preferenze, ogni bisognoso conquistavano gli animi. Pur proponendo la verità del Vangelo senza raffinati ragionamenti, suscitava simpatie e adesioni. Anche qui era soprattutto l’esempio che portava alla conversione. La gente, se non ha gli occhi chiusi, capisce presto che il missionario non è né un colono né un mercante venuto a cercare vantaggi, né il propagandista che racconta bugie.

Nel frattempo nel cuore di p. Spinabelli andava prendendo forma un grande sogno: trasformare la bella chiesa di Bukittinggi, costruita dai missionari olandesi, in un santuario mariano, che avrebbe attratto alla Madonna gli abitanti dell’intera regione. La devozione a Maria aveva sempre occupato un posto privilegiato nella vita interiore del pastore di Capriglio. Avviò il suo progetto con due iniziative: anzitutto assicurandosi il permesso e il sostegno del prefetto apostolico, mons. De Martino; e poi chiedendo l’aiuto economico a parenti e amici in Italia.

Dietro l’altare maggiore della chiesa venne sfondato il muro, ricavandone una nicchia che fu presto occupata da una bella statua di legno arrivata da Ortisei. Il 15 agosto 1954, festa dell’Assunta, mons. De Martino, alla presenza di vari missionari e d’una folla che straripava dalla chiesa, occupando i vasti piazzali che la circondavano, celebrò la messa solenne conclusa con la processione: per la prima volta – nella lunga storia della fiera città Minangkabau – ai cristiani fu eccezionalmente permesso di sfilare per le vie con canti e preghiere, accompagnando la statua della Madonna. La folla dei musulmani, che si accalcava lungo le strade, sembrava non credere ai propri occhi. Ma il commento più insistente era: "Ma guarda quant’è bella Mamma Maria!".

Nel dicembre di quello stesso anno p. Pietro scriveva ai suoi benefattori in Italia: "Oggi è l’8 dicembre del 1954, anno dedicato dal Papa a Maria. Penso alle vostre chiese affollate per la festa della Madonna. Qui in Indonesia invece è un giorno come gli altri; i nostri cristiani sono ancora pochi. Che pena vedere come è piccolo il loro numero. Noi missionari vogliamo che essi diventino presto un esercito: per questa grande, difficile impresa abbiamo impegnato la Madonna, erigendo un santuario in questa terra musulmana. Siamo certi che esso diventerà un centro di luce, un trono di grazia per questa gente".

Una sorprendente tradizione

L’anno successivo iniziò a Bukittinggi una tradizione che dura tutt’oggi: preceduta dalla novena, la festa di Santa Maria di Fatima, patrona della parrocchia, viene celebrata nella prima domenica di ottobre. Innumerevoli pellegrini si recano al santuario con ogni mezzo: tra loro anche buddhisti e musulmani.

In questi ultimi anni i pullman che nel giorno della festa trasportano i fedeli si contano a decine. Anche durante tutto il mese di maggio, come pure nelle feste mariane, il santuario attira i fedeli.

La vigilia di Natale di quel 1954 p. Spinabelli ricevette la visita di mons. De Martino, che così descrisse la gioia di quei giorni: "Ho passato il Natale a Bukittinggi, un Natale commovente. Per la Messa di mezzanotte la chiesa era illuminata a giorno da potenti riflettori, i cui raggi si perdevano nel buio della notte senza luna. Da lontano la chiesa appariva come un’antica galea, con i remi luminosi distesi sulle acque calme del mare. Cristiani e non cristiani avevano riempito la chiesa. Raccolti, cantavano dolcemente, senza forzare la voce. Ho notato un musulmano, rimasto tutto il tempo immobile, con gli occhi fissi verso la statua della Madonna. Anche i ragazzi (più di cento) erano composti. Mi sono commosso pensando che Bukittinggi è la capitale morale dell’islam, a Sumatra; in città i cristiani sono poco più di trecento, in mezzo ad una popolazione islamica di 30 mila.

p. Ettore Fasolini, sx.


  • da "Una lunga stagione d’amore", Edizioni EMI.


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