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Guerra e pace: Dieci anni orribili di guerra

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Ma la gente ha una gran voglia di pace

Proprio quando la società civile e le comunità cristiane erano più impegnate per avviare un processo democratico nel Paese e ridare dignità e speranza alla nazione, arriva l'indesiderabile tragedia.

1994-2002: orrore, smarrimento e martirio

Il Congo vive due grandi guerre senza fine, che hanno procurato circa quattro milioni di vittime, secondo i calcoli più realistici e attenti. Con la tragedia del Ruanda, Bukavu a partire dall’aprile del 1994, diventa una città di rifugiati ruandesi, che si ammassano nelle periferie costruendo enormi baraccopoli. Bukavu e Goma, infatti, sono regioni confinanti con il Ruanda.

La chiesa resta un punto di riferimento. Orienta la gente a uscire da uno stato di confusione nel quale si trova. La sua credibilità cresce con il coraggio dei preti e dei laici, che rischiano fino a donare la loro vita. Ne nominiamo almeno alcuni: mons. Munzihirwa Christophe, l’abbé Buhendwa Jean-Claude, i fratelli maristi Miguel Angel, Rodriguez Julio, De La Fluente Fernando, Mayor Servando, Abbé Kakuja George…

Noi saveriani, a Bukavu e nelle altre diocesi vicine, viviamo gli avvenimenti con sofferenze e umiliazioni, con solidarietà e partecipazione, con iniziative di pace. Alcune missioni sono prese d'assalto, derubate di tutto e abbandonate. Nella diocesi di Bukavu, nella missione di  Bunyakiri, i saveriani sono costretti a scappare insieme alla gente, a due riprese (nel 1996 e nel 1998). In città, i saveriani rimangono come sentinelle, anche nei momenti più tragici.

Nell’assemblea annuale saveriana, facciamo una lettura di fede dei tragici eventi. Ci esortiamo a partecipare alle sofferenze di Cristo e della gente, a purificare la nostra presenza e azione da tutto ciò che non è essenziale, a eliminare i facili compromessi con i poteri forti del momento, a rafforzare la fede in Gesù Cristo, unico liberatore e salvatore.

2003-2006: transizione e processo elettorale

Il 16 dicembre 2002, a Pretoria in Sudafrica, viene firmato l’accordo globale sulla transizione nella repubblica democratica del Congo. In aprile 2003, a Sun City, è varata una nuova Costituzione che prevede un periodo di transizione di due anni in vista delle elezioni.

Le elezioni, infatti, sono un evento mirabile di risurrezione e di indubbia crescita del paese. La gente ne è entusiasta e riacquista la fiducia. Tutti si danno da fare per il buon esito. La comunità internazionale finanzia. Gli osservatori europei partecipano in massa e stimano queste elezioni "libere, democratiche e trasparenti" (30 luglio e 29 ottobre 2006).

La chiesa intera del Congo, in questi anni, svolge una funzione importante e indispensabile. L’abbé Apollinaire Malumalu, con la sua forte personalità, guida la commissione elettorale indipendente.

A Bukavu, noi missionari siamo in prima fila. Nelle parrocchie organizziamo incontri, introduciamo la conoscenza dei vari partiti, distribuiamo fogli di formazione e di informazione nelle piccole comunità di base, esponiamo in bacheche articoli della stampa per facilitare la pubblica lettura, presentiamo orientamenti per i candidati… Viviamo le elezioni come evento pasquale di liberazione, di crescita e d’incontro, di coscienza fraterna nazionale.

Nella piazza della chiesa della nostra parrocchia "Mater Dei", costruiamo una piccola torre e vi installiamo “la campana delle elezioni e della democrazia”. Ai piedi del modesto campanile esponiamo quattro tabelloni colorati con l’elenco dei diritti dell’uomo, della donna, del bambino e dei diritti di Dio.

Scriviamo in grande nell’abside della chiesa l’invito di Gesù al popolo congolese: “Alzati e cammina”- “Prendi il largo”. La comunità cristiana vive il suo momento favorevole e opportuno. La campana delle elezioni suona a distesa!

2007…: la missione nella chiesa

Dopo le elezioni, non tutti i problemi del Paese sono risolti, anzi! Chi pescava nel torbido, non accetta di rimanere senza potere e senza denaro. Jean Pierre Bemba, candidato perdente alla presidenza, in marzo, con i suoi militari tenta un colpo di stato. I banyamulenge (etnia tutsi emigrata nel Congo) vogliono creare la loro zona amministrativa ed elettorale del territorio di Minembwe. Il Ruanda, che si arricchisce sul disordine degli altri, accusa il Congo di proteggere i ribelli e rivendica il diritto di intervenire.

Laurent Nkunda, ex-generale dissidente, tra le sue truppe introduce soldati del vicino Paese. Gli interahamwe, vecchie milizie ruandesi presenti dal 1994, sfruttano miniere, comprano armi, ingaggiano giovani e bambini, compiono massacri ripetutamente.

L’arcivescovo di Bukavu prima (28 maggio) e i vescovi della regione Kivu poi (1 giugno), reagiscono, scrivono, denunciano, smascherano… Noi restiamo, siamo presenti, non come ospiti o “rappresentanti di un passato superato”, ma come missionari e operatori pastorali nella chiesa locale.

A Bukavu la missione non è finita. È di tutti. Si estende, si specifica, si caratterizza. La comunità, dopo cento anni, deve ancora continuare a camminare per essere una comunità alternativa: più “cattolica” e meno identificata con le strutture e le regole; più “mistica” e più ricca di carità e di compassione; più attenta ai problemi del lavoro, più educatrice, più profetica, più …“chiesa locale”.

La città di Bukavu vive ancora una situazione sociale di povertà, di abbandono e di miseria. In essa si accentuano tristi fenomeni sociali, come i bambini di strada, la prostituzione, la pandemia dell’Aids, la corruzione…

Il nostro carisma missionario non si diluisce, ma si approfondisce, camminando con la comunità che vive, tra molti limiti, la sua primavera. Non è una cosa facile!

Ma il missionario è fedele alla sua vocazione, quando è animatore di una chiesa locale che vuole e deve crescere.



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