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Gli auguri non bastano, Il bisogno di un atto d’amore

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L’anno vecchio è finito e nessuno sembra rimpiangerlo. Appena scoccata la mezzanotte, sono scoppiati nel cielo i fuochi artificiali e nelle case sono saltati i tappi delle bottiglie di spumante con grida di allegria e brindisi a non finire.

Ma io voglio raccontarvi i ricordi di due "capodanno" che ho vissuto. Sono molto persi tra loro. Giudicate voi quale sia il migliore!

Il capodanno in Scozia

Nel 1970 mi trovavo in Scozia per imparare la lingua inglese. Vivevo nella casa dei novizi saveriani e davo una mano al maestro dei novizi, p. Alessandro Patacconi, che aveva bisogno di prolungati momenti di riposo. Non conoscevo ancora le tradizioni popolari scozzesi, come ad esempio la festa di halloween alla vigilia di Ognissanti, quando ragazzi e adulti si mascherano come fantasmi e scheletri e vanno in giro per le strade.

Anche nella notte di Capodanno c’era la consuetudine di girare per le case di parenti e amici per fare gli auguri del nuovo anno e "il pieno" di birra e whisky. Padre Patacconi mi aveva raccomandato di non concedere ai novizi permessi di libera uscita. Ma io feci ancora di più. Suonai il campanello e dissi ai novizi di andare in chiesa a pregare, per finire il vecchio anno e iniziare il nuovo davanti al Signore. I novizi obbedirono, ma notai in loro molto stupore e poco entusiasmo.

Mi ricordai del libro scritto da p. Silvestro Volta, autore di molte pubblicazioni. Il titolo era, "Scozia senza Natale". Non c’è bisogno di commento, benché il titolo mi sembri esagerato e un po’ pessimista. Chi ha conosciuto l’autore, ricorda altri titoli non meno provocanti, come "Ho già visto tutti", il libro sulla Sierra Leone scritto dopo una breve visita in Africa. Padre Silvestro, però, laureato anche in medicina e teologia, era una persona geniale e aveva intuizioni e osservazioni fulminanti. Era dotato di un temperamento cordiale e vivace, simpatico a molti e amico di tutti.

Capodanno in convento

Quarant’anni fa ho conosciuto delle suore missionarie. Vado spesso a trovarle, soprattutto negli ultimi giorni dell’anno. È un modo per disintossicarmi dai veleni che inquinano la vita di oggi: l’attivismo, la frenesia, i mille pensieri, l’insonnia, il nervosismo... Con loro trascorro alcuni giorni di pace. Conpido la vita delle suore durante i pasti, davvero cordiali come in famiglia, e in chiesa nella preghiera. Sono riconoscente a queste sorelle e voglio loro bene come fossero figlie e madri. Per mesi, hanno assistito mia mamma durante la sua malattia che l’ha portata alla morte, avvenuta undici anni fa nella loro casa-famiglia.

Le suore anziane santificano le ultime ore dell’anno con 365 "Deo gratias, Domine, Miserere - Grazie, Signore, abbi pietà di noi!". Le più giovani, invece, fanno le pulizie generali e preparano il cenone. Poi tutte insieme vanno in chiesa per adorare Gesù fino a mezzanotte. Alla fine c’è un po’ di festa con la torta, il gesto della pace e gli auguri. Così si va a dormire felici, pronti a servire e ad amare l’anno appena nato, perché "ogni essere vivente comincia ad esistere solo quando lo si ama".

Impegno per ogni giorno

Perché l’anno sia davvero buono, non bastano gli auguri; non bastano i brindisi e le danze; non bastano i fuochi d'artificio e i botti. Non sono sufficienti neppure le preghiere, se non sono accompagnate da atti di bontà, da gesti di servizio. All’origine di ogni vita, infatti, c’è sempre un atto d'amore. Ed è solo questo che rende davvero felici e fa vivere in pace con tutti.

Perciò vi propongo un proposito per ogni giorno del nuovo anno: anche oggi devo essere più buono. Perché ogni uomo ha bisogno della mia bontà, della mia amicizia, del mio sorriso per continuare a vivere; per non cadere nella disperazione.



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