Giovani in Colombia - Non solo Turisti
Il racconto di chi ha visitato i saveriani in Colombia
In estate, alcuni amici bresciani harmo avuto la bella idea di trascorrere le vacanze in un modo diverso: visitare i saveriani della Colombia e conoscere la nazione. Abbiamo chiesto loro di condividere, con tutti gli altri amici dei missionari, un po' delle loro emozioni. li ringraziamo.
La Colombia non è certo in testa nella lista dei paesi che i turisti desiderano visitare. Le notizie che arrivano in Italia sono scoraggianti: attentati, rapimenti, scontri con la guerriglia. La spinta ad andare a visitare questa terra non è stata perciò turistica. Ci ha mosso il desiderio di incontrare il saveriano p. Mauro Loda, che da tre anni svolge la sua attività missionaria in Colombia.
Avevamo anche il desiderio di esplorare una terra a noi sconosciuta, di incontrare i volti di un popolo di cui i nostri libri non parlano, di osservare la realtà quotidiana della gente, al di là dei fatti di cronaca. Adesso che siamo tornati, possiamo dire che la Colombia sta vivendo certamente i drammi di cui tanto si parla, ma non è solo questo. C'è dell'altro.
C'è Colombia e Colombia
La Colombia che abbiamo incontrato, grazie a padre Mauro e agli altri missionari saveriani che là vivono, è soprattutto una realtà ricca di fede e di umanità. Nel nostro viaggio, innanzitutto, abbiamo conosciuto le comunità dei saveriani di Bogotà, Cali e Buenaventura.
Con la loro guida, abbiamo conosciuto la realtà umana e sociale in cui essi vivono ed operano. Ognuna di queste comunità ha caratteristiche diverse, ma sono accomunate dallo spirito di servizio dei missionari che lavorano con calore e passione.
Certamente abbiamo visitato la Colombia anche con l'occhio e l'interesse del turista. E' una terra che merita di essere conosciuta. Gli ambienti naturali che abbiamo attraversato ci hanno meravigliato per la ricchezza e la varietà della vegetazione tra cui si nascondono - con i colori carichi e pieni di contrasti - le tracce di insediamenti umani, spesso desolanti. La terra colombiana è ricca di coltivazioni (canna da zucchero, caffè, cotone ... ) e di risorse minerarie. Possiede una quantità sorprendente di ricchezze primarie che stride con l'evidenza che esse restano un vantaggio solo per pochi. Il clima, abbastanza piacevole, varia non tanto a seconda delle stagioni ma secondo le zone. A Bogotà, per esempio, la temperatura è costantemente primaverile; nelle zone di Cali e di Buenaventura, invece, il caldo umido è simile alle nostre giornate estive più afose, tale da consentire alla gente di vivere in casupole di legno, senza che il freddo si aggiunga agli altri problemi che deve affrontare.
Interessanti sono state anche le cittadine di Villa de Leyva, Rakyra, Cartagena dove si respira tuttora l'aria coloniale. A Bogotà, il museo dell'oro ci ha fatto intuire la Colombia pre-ispanica.
Due realtà contrastanti
Purtroppo non abbiamo potuto raggiungere altre località ricche di storia e di bellezze naturali, perché la minaccia della guerriglia ne sconsiglia la visita. Guerriglia, paramilitari, narcotraffico sono nomi che evocano realtà invisibili, ma che sembrano imprigionare la vita di questo splendido paese. Non le vedi. Ne percepisci la presenza nei discorsi delle persone, nella onnipresenza dei militari nelle strade (quanti posti di blocco!) ...
Accanto a questa, un'altra realtà fin troppo evidente ci ha accompagnato durante tutto il viaggio: il forte contrasto tra chi ha (ed ha tanto) e chi non ha (e sono in tanti). La povertà è diffusa. I più vivono con poco e non possono curarsi se si ammalano. Anche l'istruzione è un problema per tante famiglie che hanno la preoccupazione quotidiana di dover sopravvivere.
Un momento emozionante è stato l'incontro con alcune famiglie nella periferia di Buenaventura. Percorrendo l'itinerario che unisce le diverse chiese, che i missionari hanno costruito insieme alla gente dei diversi sobborghi, abbiamo attraversato interi quartieri di baracche cresciute dal nulla. Ci siamo avvicinati a molti bambini e alle loro madri; abbiamo ascoltato i loro problemi quotidiani sussurrati, sempre con molta dignità, all'orecchio del missionario che ci guidava attraverso le strade sconnesse.
Emozioni, memorie e domande ...
Del viaggio, non dimentichiamo le emozioni più vive che ancora attraversano il cuore. Anzitutto, il senso di impotenza di fronte ad un'incolmabile ingiustizia. In secondo luogo, la percezione che la presenza dei missionari è un punto di riferimento che aggrega le persone e le aiuta a guardare avanti.
E poi, l'accoglienza calorosa delle persone che, insieme ai saveriani, animano le attività delle parrocchie. Abbiamo notato che le comunità saveriane sono come un crocevia di incontro per la gente che vive la propria fede e la propria appartenenza religiosa con una intensità che ci ha fatto riflettere.
Di un viaggio turistico restano, in genere, solo alcuni ricordi come istantanee. Di questo viaggio, invece, rimangono in noi domande che interrogano la nostra quotidianità e il vivo desiderio di mantenere un rapporto con il mondo che abbiamo incontrato, con i missionari e con la gente per cui essi vivono e lavorano.