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È stata vera risurrezione

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Mi hanno chiesto come ho vissuto la Pasqua. Direi in minore, se penso alla mia infanzia, nel Trevigiano. Pasqua era un giorno diverso, anzi una stagione diversa: prima l’attesa, poi le campane a distesa con l’odore di primavera e d’incenso...

Il problema è il rito. Ricordate Saint’Exupery? Il piccolo principe domandò: "Che cos'è un rito?". E la volpe rispose: "È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni... Bisogna essere molto pazienti". Oggi il rito è in metastasi: ogni giorno è diverso e rapido. Quotidianamente, in Brasile, la pubblicità offre bingo eccezionali con motociclette per premio; ogni ventiquattro ore c’è qualche evento; non si aspetta la fine della settimana per giocare a carte o a pallone. E Pasqua passa senza accorgersene, purtroppo.

Celebrazioni come veri happening

La quaresima ci ha proposto il tema del traffico umano e abbiamo affrontato qualche caso con coraggio. I giovani hanno preso seriamente la parola del papa visitando famiglie e scuole, evangelizzando e mettendo in guardia dalla droga e dalla prostituzione. Anche la Pasqua ha avuto un evento che spero porti alla risurrezione. C’è stata un’erosione marina che ha inghiottito trenta case: la solidarietà è stata unanime e continua; ora rivendichiamo dal governo il risanamento di tutta la regione.

Le mie celebrazioni diventano sempre più happening. Nella vigilia pasquale la luce del cero è stata accompagnata da una colonna di fuoco; nella Messa della catechesi i bambini partecipano con danze, bandiere, ventilatori, burattini, craker...

Non mi sento in diritto di negare nessuna gioia e speranza ai piccoli e ai poveri.

Il cambiamento dei giovani

La mia parrocchia nella diocesi di Abaetetuba, in Amazzonia, coincide con un bairro (quartiere) periferico di 20mila abitanti, dove materialismo e consumismo convivono con una fervida religiosità a base di novene e sagre.

I giovani, senza opportunità di lavoro, fanno tutti i concorsi pubblici possibili. Ci sono più di cento botteghini di droga e... lo sterminio dei giovani drogati, che non possono pagare.

Ma se ci sarà cambiamento, sarà grazie ai giovani: nel giugno dello scorso anno, sono scesi in piazza contemporaneamente in mille città.

Sappiamo che le riforme vere richiedono formazione. Per questo io ho rispolverato il mio diploma in World Drama (ottenuto nel 1968 alla Santa​ Clara University - Usa) e ho montato la passione del giovane Cristo (con linguaggio scenico pasoliniano).

Non si scherza col diavolo

​Nella prima scena un diavolo post-moderno (un ventunenne moreno) si presenta a Gesù: “Gesù di Nazaret, mi fai tenerezza, tanto sei giovane. Voglio darti tre consigli per la tua missione di salvare il mondo: da’ pane, circo religioso e imponi l’ordine”.

Cioè, demagogia economica, religione alienante e abuso di potere.

Gesù non cede, cosciente che il cammino della salvezza consiste nella fedeltà a Dio e ai fratelli, fino alla croce. Gesù va incontro a tutte le sfide con una proposta considerata sovversiva dal punto di vista sociale e religioso. Viene eliminato, ma risorge misteriosamente.

Nella discussione, dopo il teatro, ho visto che i giovani hanno colto i molti messaggi: Gesù fa l’opzione per i poveri; smaschera l’ipocrisia delle autorità; pratica la disobbedienza civile riguardo a leggi disumane; insegna la condivisione; stigmatizza la ricchezza; rifiuta la droga antidolore... e alla fine è vincitore.

Io mi sono riservato il ruolo di Lazzaro, che si libera con fatica da un tessuto tubolare. Sì, a volte mi sento intubato, ma poi vince la risurrezione. Nel frattempo, mia sorella Anna è andata a celebrare la Pasqua in cielo e io, qui dall’Amazzonia, l’ho sentita vicina.



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