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Dio non è proprietà privata

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Tra i nomi delle persone che possono aiutarci a mutare i criteri con cui guardiamo i profughi che sbarcano in Europa, non esiterei a scrivere anche quello di p. Jeanvier Busizori, missionario congolese. Nel tempo in cui i barconi dei profughi puntano verso la stella polare, lui non ha esitato a scendere verso la croce del sud.

La testimonianza dei missionari

P. Janvier è nato a Goma, una città che si può paragonare a una sorta di piaga biblica. Da una parte, la lava cola periodicamente dal vulcano Nyrungua a incendiare strade e capanne. Dall’altro, Goma è teatro del genocidio di 800 mila tutsi. Per un altro verso ancora, è una lingua di terra che permette a centinaia di migliaia di rifugiati di guerra ruandesi di trovare riparo nella foresta.

A Goma, p. Janvier ha incontrato la guerra, per la prima volta, nel 1996. È stato ordinato prete mentre la sua città era ancora in… guerra. Nonostante ciò, egli testimonia che, lì è cresciuto grazie all’ammirazione nutrita per i missionari italiani: Sartorio, Manzotti, Veniero, Cimarelli, D’Agostina e le laiche Antonina e Luisa. La sua vocazione missionaria è legata a doppia corda a quei missionari che avevano saputo restare in mezzo alla gente indifesa.

Tra inondazioni e siccità

La missione ha spinto p. Janvier verso il Mozambico. Ora è lui ad avvicinare la gente,

come aveva visto fare a Goma. Anche lui apre strade, là dove nessuno è mai passato. Da un anno a questa parte, nel nord del Mozambico, piove ininterrottamente e le inondazioni distruggono i raccolti. Al contrario, il centro e il sud del paese sono flagellati dalla siccità. Il cibo si può ricavare solo da un genere di piante acquatiche che cresce lungo la corrente del fiume Zambesi. Hanno un gusto amarissimo e la gente si riduce a mangiarle solo in periodi di grande fame.

Le famiglie passano la maggior parte del tempo in cerca di qualcosa da mangiare. I ragazzi non vanno a scuola; insegnanti e catechisti la disertano per dedicarsi alla ricerca del cibo. La situazione è talmente generalizzata, che il governo non riesce a gestirla. E l’unica strada che taglia il paese da nord a sud è resa pericolosa da continui assalti di banditi e dai sequestri di persona...

Il legno e il carbone

In Mozambico aumenta la presenza dei cinesi. Trattano direttamente con il governo l’acquisto delle terre fertili. E la gente si vede portar via i campi senza essere consultata né rimborsata. I cinesi tagliano il legno pregiato e lo inviano in Cina, lasciando il deserto dietro di sé.

Nel Paese ci sono montagne di carbone minerale. La gente non lo ha mai usato, perché la temperatura del paese raggiunge i 40 gradi e per cucinare il cibo sono sufficienti semplici arboscelli. I brasiliani hanno installato due imprese per l’estrazione del carbone minerale. Hanno realizzato una ferrovia per raggiungere il porto e caricare il carbone sulle navi che lo trasportano in Brasile. E la gente che abitava in quella che è diventata la zona minerale è costretta a vivere nelle baracche.

Rendere cosciente la gente

Recentemente, il governo ha aperto le porte anche a indiani e thailandesi che costruiscono e commerciano prodotti di scarsa qualità. Il grande problema è che molti non sono informati su quello che accade.

La comunità ecclesiale, attraverso la Commissione di giustizia e pace, è l’unica che prova a rendere cosciente la gente, affinché rivendichi i diritti umani, il diritto alla terra e alla foresta.

I missionari incontrano le persone nelle comunità di base. Pubblicano fogli di informazione, formano i capi, animano le comunità di base.

“Sono molto contento - dice p. Janvier - perché posso dire alla gente che Dio è dappertutto, non è proprietà privata di un gruppo”.



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