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Desio - Dentro e fuori le mura

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Vicende di vita in casa saveriana

E siamo a maggio! Mentre fervono i preparativi per la Festa dei popoli, evento vivo e coinvolgente del cammino di un anno, la mente va a ripercorrere tanti momenti di questo anno. Dalla finestra della stanza, spaziando oltre il piazzale e il prato, lo sguardo si viene a fermare alle mura che circondano la nostra casa saveriana.

I buchi nel muro

Tutto si può dire di queste mura tranne che siano un ostacolo per chi alla nostra casa vuole accedere o per chi voglia dare da dentro uno sguardo sul mondo. Segno di questa apertura, sono quei fori che sembrano addirittura finestrelle per guardare dentro o fuori, o addirittura scalini per chi desiderasse avventurarsi nel giardino senza usufruire del cancello principale. C’è anche chi da quei fori, ha visto le meraviglie del nostro orto e ci ha fatto “spesa” notturna, senza trovare barriere di sorta.

Queste mura sono proprio un segno di apertura, anche per tanti fratelli - ospiti che a volte fanno fatica a trovare accoglienza in paesi e città che di mura magari non ne hanno. È proprio vero che le mura invalicabili le si costruiscono prima di tutto nei propri cuori, e non viceversa.

Le corde intonate

“Dentro e fuori le mura”. Queste parole, pur sembrando quasi un titolo per libri romanzati o per libri di spiritualità missionaria, fanno ricordare vicende effettivamente accadute qui da noi missionari. Vicende che al di là di essersi concluse, lasciano invece nella gente che le ha vissute tanti motivi di riflessione e di impegno a continuare su quel cammino di valori genuinamente missionari.

Lasciamo ai giornali locali o ad altri strumenti di comunicazione i discorsi sociali e politici. Noi del mensile  “Missionari Saveriani”, e voi che vi sentite in comunione con noi, preferiamo dare uno sguardo di simpatia e di solidarietà a quegli avvenimenti che ci hanno visto protagonisti.

E perché no, anche trovare occasione per ritoccare le corde del nostro cuore e per vedere se sono intonate sulle parole del vangelo.

L’ultimo rifugio per il sacrificio di Abramo

Il 2 febbraio, tanta gente incuriosita ci chiedeva che cosa stesse succedendo nella nostra casa. Un migliaio di fratelli non europei si erano radunati sul nostro campo di calcio, per un momento di preghiera in occasione di una loro festa importante. Una festa di sapore biblico, che i fratelli musulmani celebrano in grande stile: “il sacrificio di Abramo”.

Per lo più di origine pachistana e da tempo familiari dentro le nostre mura, i loro dirigenti hanno sempre chiesto di essere accolti in strutture cittadine per celebrare degnamente questa festa.

E come sempre, sono stati tanti i motivi per sentirsi dire “ci dispiace”, “non possiamo”, “sarà per un’altra volta”. Immancabilmente, ultimo rifugio, pur nella stagione gelida, restava per loro il nostro campo da calcio, non avendo noi altro luogo per accogliere il fervore religioso di così tanta gente. Da anni, grazie a questo gesto di accoglienza è nata amicizia e collaborazione per tanti piccoli eventi.

Le buone intenzioni … congelate

Il 10 febbraio, fuori le mura ma sul nostro terreno, assistevamo ad un “intervento” da parte del comune per “sanare” una situazione giudicata abusiva e non igienica. Si trattava della presenza non autorizzata di ospiti non italiani: marocchini e gipsy. Le intenzioni di chi aveva autorizzato l’intervento di pulizia erano certamente in buona fede, se questo non fosse stato fatto in un periodo di grande freddo (la notte si arrivò a meno tre gradi!).

Mi sarà difficile dimenticare il pianto di un marocchino al quale hanno distrutto la roulotte, la sua abitazione condivisa con un altro. Quando questi tornò, alle 9 di sera come sempre da Milano, dopo dieci ore di lavoro da manovale, non trovò più niente, né cibo, né vestiario e ancor meno il luogo per dormire.

Nei mesi precedenti, erano state proprio le autorità a proporre a noi saveriani di ospitare queste persone sul nostro terreno. Quel giorno dalle autorità ci fu detto: “Se sono dentro le mura possono stare; fuori no!”. Difficile capire dove stia la differenza.

Ma forse sì: dentro le mura non disturbano la quiete degli occhi di chi passa sulla strada… Tuttavia, dentro o fuori, non cambiava certamente la situazione di queste persone.



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