Congo: L’uragano devastante della guerra
La guerra fu un vero uragano. Tuonò ad est, con la guerra ruandese culminata nel genocidio dell’aprile-luglio 1994. Le regioni zairesi confinanti con il Rwanda ricevettero prima i tutsi in fuga e poi la fiumana degli hutu. In quindici giorni, circa un milione e mezzo di ruandesi entrarono nell’allora Zaire e si stabilirono in campi lungo le frontiere. Il colera porò circa 70mila rifugiati.
La guerra che si accese nell’ottobre 1996 fece ancora peggio. Le forze del nuovo potere ruandese bombardarono i campi, uccidendo colpevoli e innocenti. Una fiumana di 500mila profughi fu costretta al rientro in patria, mentre altre centinaia di migliaia fuggivano all’interno del Congo, inseguiti dall’esercito ruandese e ugandese, con l’appoggio di ribelli congolesi capeggiati da Laurent-Désiré Kabila.
Cominciò così quella che fu chiamata "guerra di liberazione" dal regime di Mobutu. In realtà, fu una "guerra di conquista" del Congo da parte di forze straniere mascherate. Avanzando verso Kinshasa, le truppe inseguivano e sterminavano gli hutu. Anche molti congolesi furono uccisi. Anzitutto i bambini soldato, mandati davanti alle truppe, vera carne da macello e, al contempo, capaci di compiere atrocità più degli adulti.
Nel maggio 1997, entrato a Kinshasa, L. D. Kabila si proclamò presidente. A luglio dell’anno seguente, chiese alle truppe straniere di tornare ai loro paesi d’origine. Il loro rifiuto, dell’agosto 1998, si manifestò con una nuova guerra da est, chiamata di "rettificazione". Questa volta la guerra era contro Kabila e contro la popolazione congolese, soprattutto della regione orientale. A sostegno di Kabila hanno partecipato anche Zimbabwe, Namibia e Angola.
Ufficialmente, la guerra è terminata con l’accordo firmato ad aprile 2003. Si calcolano a 3.800.000 i morti di questa seconda guerra - in gran parte civili - per violenza, mancanza di cibo e di cure.
Le ricchezze naturali del Paese furono spudoratamente saccheggiate, con la complicità di acquirenti esteri.