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Con il popolo Rom nelle periferie di Napoli

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P. Carlo Maria Salvadori ha coordinato il campo estivo “Fare del mondo una sola famiglia”, organizzato dai saveriani di Tavernerio e che ha coinvolto 11 ragazzi, tre amici adulti e 2 accompagnatori. Gli obiettivi erano la conoscenza del territorio delle periferie napoletane e la vicinanza con il popolo Rom, principalmente nei campi di via Carraffiello (Giugliano) e di Gianturco (Napoli). Le attese dei ragazzi sono sintetizzate da questa frase di Camille (una ragazza francese): “Desidero aprire il mio cuore per far spazio agli altri”.

Ogni mattina, c’era una proposta diversa fatta da testimonianze con persone impegnate. I pomeriggi invece erano dedicati all’animazione dei bambini Rom. Parlavamo con loro e visitavamo le famiglie. Qui risiedono 300 persone di cui 135 minori. Vivono in baracche o roulottes, in una grande precarietà, sia come condizioni igieniche che come infrastrutture. Non c’è un allaccio normale all’acqua né alla luce. Non esistono fogne. Le famiglie Rom, fuggendo da un’inondazione, si sono rifugiate in questo campo un tempo coltivato a pesche.

I minori non vanno a scuola perché da tre anni non ci sono scuolabus. Normalmente le ragazze si sposano all’età di 14-16 anni. Molti dei genitori, prevalentemente maschi, sono in carcere per motivi legati al furto di materiale elettrico o cavi di rame che rivendevano al mercato nero.
Il 2 agosto ci è stato permesso di condividere con loro la festa di san Zeffirino, il santo dei Rom. Nella stessa data ricorreva il giorno della memoria del genocidio del popolo Rom, durante la Seconda Guerra Mondiale, quando un Rom su 4 è stato sterminato dal regime nazista.       

Alla fine dell’esperienza, ci siamo scoperti appartenenti ad una stessa famiglia e le nostre diversità non erano un problema perché ciascuno era amato e benvoluto così com’era. Ognuno si è scoperto capace di amare gli altri, specialmente i bimbi Rom che progressivamente hanno rubato il nostro cuore.
Giulia ha commentato: “Durante questa esperienza la domanda che non riuscivo a togliermi dalla testa era ‘cosa voglio fare nella vita?’ Sono in quarta superiore e fra poco inizia il periodo delle scelte, questa domanda, inizialmente labile, si è fatta sempre più forte all’interno della mia mente fino a non riuscire a pensare ad altro. Ora, sinceramente, non ho una risposta, ma so che voglio aiutare il popolo Rom, so che voglio passare un periodo della mia vita a Napoli ad aiutare tutti i bambini che ho conosciuto.

Fin dal primo giorno, ho cercato di dare il meglio di me al campo Rom. Ho sopportato di tutto, ho portato sulle spalle tantissimi bambini, mi sono sporcata le mani, le gambe, i capelli, ho preso in braccio bambini nudi, ho dato la mano a bambini con malattie strane, ho ascoltato storie fortissime e ogni volta che ho fatto una di queste cose mi sentivo bene, felice, in pace con me stessa”.



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