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Chiamati alla missione: Gli avvisi e la benedizione

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A me piacerebbe che “gli avvisi” non li desse solo il prete. Un’idea balzana, dirà qualcuno. Ma se nella comunità ci sono diversi ministeri e carismi - dovrebbero essere molti, se non vengono soffocati - , allora dovrebbero tutti discretamente emergere nell’assemblea. Così diventano più visibili la comunione e la corresponsabilità pastorale e missionaria.

Dall’Eucaristia alla Trinità. Sarebbe bello che il prete dicesse le cose che gli appartengono per il suo ministero specifico. Poi si succedessero il coordinatore della catechesi per le attività catechistiche; quello della Caritas per le attività di assistenza e promozione umana; il “ministro degli infermi” per le visite ai malati; quello della missione per gli impegni di evangelizzazione nel territorio o nei paesi lontani… Magari poi, anche il “fanatico” dei nuovi stili di vita, per dare gli annunci sul commercio equo, e il “patito” dell’ambiente per le iniziative di salvaguardia del creato!

Si manifesterebbe così una comunità unita nel Signore - essa stessa “corpo e sangue” del Cristo crocifisso e risorto. La sua unità non è quella monolitica dell’organizzazione aziendale o del reparto di un esercito, bensì quella trinitaria. Non bisogna mai dimenticare che l’Eucaristia porta alla Trinità.

In questi ultimi tempi nella chiesa, e soprattutto nella chiesa italiana, si insiste sul Cristo-centrismo. È un’insistenza bella e sospetta allo stesso tempo. Bella, perché Gesù è veramente il fondamento della nostra fede e la sorgente della nostra vita. Sospetta, perché si scivola facilmente in quello che i teologi chiamano il Cristo-monismo. È un errore sottile - voluto o non voluto questo Dio solo lo sa - sul quale si fondano centralismo, monolitismo e clericalismo della chiesa.

Gesù nulla ferma a se stesso, ma conduce al Padre. Il Padre poi, tramite Gesù, dona lo Spirito Santo, che fa vivere la vita trinitaria in ciascuno di noi e nell’intera creazione. La vita trinitaria è quell’eterno rispecchiarsi e abbracciarsi di Padre e Figlio nello Spirito. Nella chiesa dovrebbe esistere la stessa circolarità, che è propria dell’amore. Noi famiglie ne siamo una bell’immagine e la chiesa potrebbe modellarsi su di essa. Chiesa famiglia, chiesa trinitaria, chiesa eucaristica…: sono espressioni che si richiamano e si completano a vicenda.

La benedizione. D’accordo, gli avvisi dati in questo modo, da più persone, diventerebbero più lunghi. Ma perché non pensiamo, allora, a uno stare assieme più fraterno e informale, al termine della Messa? Con la “preghiera dopo la comunione” si chiude il clima un po’ ingessato della liturgia e si crea un clima più familiare. Tutti siedono, possono parlare ai vicini (la comunione si manifesta anche così); il prete e gli altri danno man mano annunci e notizie che riguardano la comunità, la chiesa e il mondo...

Non dico di passare coi biscottini, il vino e l’aranciata, anche se l’ho visto fare in chiese monastiche molto serie! Ma un po’ più di festa nella chiesa-famiglia ci starebbe proprio bene!

Poi, la benedizione. Adesso la benedizione è un rito liberatorio: “oh, finalmente è finita!”. Dovrebbe essere, invece, proprio il segno che l’Eucaristia ci ha aperto alla vita trinitaria. E ora, questo spazio trinitario lo mettiamo a disposizione del mondo, perché solo in esso si potrà fare l’unità e la pace:

“Vi benedice il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, perché andiate a fare la pace. La messa è infinita!”. Amen. 



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