Cerchi che si chiudono: p. Maran e p. Ferro in Sardegna
Sono arrivato a Cagliari per la prima volta nel giugno 1974. Vi sono rimasto sette preziosi anni, dedicandomi particolarmente all’animazione missionaria nelle scuole, nelle parrocchie e nei gruppi giovanili.
Nel gennaio 1984 sono partito per il Congo RD, dove ho vissuto per ben 27 anni, svolgendo compiti diversi: in parrocchia, nella formazione di giovani missionari, nell’economia. Poi, eccomi in Camerun dove, oltre alla normale vita pastorale e missionaria, ho conosciuto gli ammalati di lebbra, curati con le proprie mani, ragazzi e ragazze abbandonati nelle strade, nei mercati, nelle discariche perché portatori di disabilità. Mi sono battuto perché avessero una decorosa accoglienza. Nel 2018 sono stato richiamato in Italia e da maggio sono tornato nella “mia” casa di Cagliari. Per me, si tratta di un luogo pieno di ricordi, di volti, di persone, di esperienze indimenticabili.
Ringrazio il Signore per avermi riportato qui, in una comunità di confratelli per la maggior parte vecchi compagni di missione. Sono certo che mi troverò bene a Cagliari, anche perché vecchie e belle amicizie di persone amiche ritornano a galla e riempiono il mio cuore.
Mi rimane, tuttavia, in fondo al cuore, il desiderio di tornare in quell’Africa che ha segnato così profondamente 35 anni della mia vita. Intanto, saluto tutti gli amici, i lettori e i benefattori, assicurandoli nella mia preghiera. p. Paolo Maran, sx
È proprio vero che il mondo è piccolo e, a furia di girare, si torna al luogo di partenza, da dove è iniziata l’avventura saveriana. Era il 1977 quando sono arrivato a Macomer per lavorare con i ragazzi. Erano i tempi di p. Nando Mencarelli, con cui ho vissuto i primi anni di vita presbiterale (ma già due anni prima avevo partecipato ai campeggi a Gavoi, sul lago di Gusana). Sono stati anni belli, interessanti. Ho cominciato a conoscere la cultura e le tradizioni sarde, soprattutto ho conosciuto le persone che mi hanno insegnato tante cose, in particolare l’accoglienza che poi ho ritrovato in Africa. Dopo i primi 5 anni, ho cominciato a girare il mondo: Congo, Cagliari (92-97), Parma, Gallico (Reggio Calabria), Camerun, Salerno, Taranto, Desio, Zelarino-Mestre, e ora di nuovo a Casteddu.
Sono contento di tornare “in domo mea”, non mi sento “istranzu” (straniero), ma so che qui c’è un grande cuore aperto al mondo. Una cosa sola mi permetto di chiedere: non solo di pregare per me, ma anche di darmi dei buoni consigli che non fanno mai male. L’esperienza di vita e l’entusiasmo di ciascuno di voi mi darà ancora forza per vivere tutti gli anni che “Su Babbu nostru soveranu” mi regalerà da vivere. Ci conto. Io cercherò, si Deus cheret, di fare del mio meglio. A presto, a si biri.
p. Oliviero Ferro, sx