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Cercansi idee e progetti concreti

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Ho raccontato tante volte, con gioia, gli importanti eventi che si sono susseguiti nel bellissimo Parco della Mondialità, divenuto nel tempo il simbolo del quartiere di Gallico. Luogo da sempre aperto a tutti e a ogni occasione significativa per la sua vita, ben presto, grazie alla politica accogliente dei curatori, è stato apprezzato e amato non solo dagli abituali frequentatori, ma anche da coloro che venivano da altre regioni per le loro attività di gruppo o per ritiri spirituali.

Il Parco ha sempre affascinato per il senso di serenità che si avverte varcando il cancello principale, dove un cartello ci ricorda che esso è la continuazione dell'adiacente santuario dedicato alla Madonna della Grazia. Tutto questo è dovuto alla creatività del defunto padre saveriano Aurelio Cannizzaro che, verso la metà degli anni sessanta, dopo aver trascorso alcuni anni in Indocina, volle trasformare l'aridità del greto del torrente San Biagio in un ridente luogo ricco di verde e di fiori. Negli anni, è divenuto luogo di incontro di civiltà, culture e religioni diverse e, per Gallico, un elemento identitario.

Passeggiando per il Parco della mondialità si possono incontrare costruzioni e statue che simboleggiano le grandi civiltà, dalla preistorica a quella romana, dalla vita orientale a quella araba (grotte preistoriche, l’anfiteatro greco, la lupa romana, il tukul africano, la moschea, la pagoda, il candelabro a sette braccia “menorah”, il drago, i merli medioevali e i momenti significativi della vita di Gesù: il presepe permanente, il Viale della Redenzione, dove ogni anno si svolge la Via Crucis zonale, il Calvario, il Sepolcro, l’Ascensione e la valle della Pentecoste).

Ciò che sembrava destinato a esistere per sempre come i grandi simboli, oggi può essere definito un problema, perché, malgrado i vari tentativi con comunità religiose e associazioni culturali ed ambientaliste, non si è pervenuti ad alcun accordo certo per la sua cura. Il parco sta vivendo una profonda condizione di precarietà, che sembra non trovare soluzione. La sua separata gestione dal santuario sta rivelando un indebolimento del ruolo della struttura ed un impoverimento per un quartiere che, invece, ha tanto bisogno di concreti punti di riferimento.

Si palesa sempre più la triste prospettiva che l'eredità di p. Cannizzaro sia destinata a una morte lenta, se non si interviene con progetti di costante manutenzione e di recupero di alcune parti che evidenziano già un avanzato deterioramento. Mi auguro, certa di interpretare i sentimenti non solo dei gallicesi, ma anche di coloro che negli anni hanno fruito e goduto della sua esistenza, che presto il Parco della mondialità possa riprendere in modo pieno e proficuo, nell'interesse anche del quartiere, il suo ruolo originario e continuare a dare così testimonianza della sua utilità sociale e della bellezza del creato.



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