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Burundi, Meravigliosa libertà di Dio

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Lo Spirito lavora, anche senza di noi

Sono nella missione del "Beato Conforti" a Kamenge, il grande e attivo quartiere di Bujumbura, insieme ad altri tre saveriani. Ieri è venuto a farmi visita Nestor Ruyeye, della tribù dei bafulero. Lo avevo perso di vista 35 anni fa. Allora ero giovane e lavoravo in Congo; lui abitava a Mangwa, un villaggio sulle montagne, a tremila metri di altitudine.

Il discorso del gran "re della pioggia"

A quell’epoca Nestor era ancora pagano. Ciò nonostante si era auto proclamato catechista del villaggio. Era sceso dalle alte montagne per ben tre volte, per sollecitarmi ad andarci. Al terzo blitz, era arrivato addirittura in compagnia del suo re, che si chiamava "re della pioggia". Il re era vestito con una pelle di leopardo: "Padre, sali da noi a dirci cosa dobbiamo fare per pentare cristiani".

Alla fine avevo accettato. Nella vallata, lungo l’unico percorso possibile, avevano piazzato tante vedette che si passavano la voce gridando: "Arriva il padre!". Arrivato in cima, dopo cinque ore di salita, il re mi accolse dicendo: "Io sono "mwami wa mvula" (il re della pioggia, appunto). Io dico alla pioggia, vieni! - e lei viene; dico alle nuvole, allontanatevi! - ed esse si allontanano. A te non ti comando, come faccio con la pioggia. Ti chiedo però di dirci cosa dobbiamo fare per pentare cristiani".

All’imbrunire avevo celebrato, per la prima volta in assoluto, la Messa sotto il loro cielo. Loro non capivano assolutamente niente di cristianesimo e non avevano fatto che ridere dalla contentezza, per tutto il tempo. A loro, io dovevo apparire come una marionetta che allargava le braccia e si inchinava, vestito con una strana camicia verde (la cosiddetta "pianeta").

Nel 1972, ero rientrato in Italia, dopo aver battezzato Nestor, la sua giovane moglie e quindici catecumeni bafulero.

Il catechismo con la giacca

Ieri Nestor è venuto a cercarmi. Non so come abbia fatto a sapere che sono qui, ma ci è arrivato. Camicia, pantaloni, scarpe, tutto ben curato. Ha esordito dicendo: "Sai, padre, oggi i cristiani di Mangwa sono mille e ottocento! Io continuo a fare catechismo con la giacca che tu mi avevi regalato, perché mi rispettassero. Sono venuto a dirti anche che, a causa delle piogge, la chiesa che tu avevi costruito è crollata. Ora ci raduniamo a pregare a cielo aperto e quando piove scappiamo a ripararci sotto i bananeti".

Nestor ha voluto cantare e danzare davanti a me. Poi, a metà pomeriggio, è ripartito con un sacchetto di caramelle per i bambini di Mangwa e con la promessa che chiederò ai miei amici se possono aiutarlo per ricostruire la chiesa del villaggio.

Dio mi ha davvero stupito

Più ci penso, più mi rendo conto che il Signore opera miracoli, magari proprio quando noi missionari non siamo là, a complicare la sua libertà. Non credo ai miei orecchi! Sono proprio stupito di fronte alla libertà con cui Dio, in prima persona, ha convertito la gente di Mangwa alla fede cristiana. Nestor mi ha detto proprio così, che ora i cristiani sono 1.800!

Sono passate 24 ore e sono ancora senza parole. Dentro però sento una consolazione simile a quella del contadino che aveva dimenticato di aver seminato… un chicco di grano su un terreno che riteneva improponibile. E un giorno viene a scoprire che, a sua insaputa, quel chicco di grano dimenticato ha prodotto il 1.800 per uno.



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