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Breve sguardo sull’Albania

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Suor Rita versa un goccio di caffè mentre parla del suo paese. "Il popolo albanese vede gli altri popoli con occhio buono, ma ha difficoltà a vedere sé stesso nello stesso modo". Vicino a lei, c’è madre Tore, con il velo bianco in testa e due grandi mani da contadina. "Questo anello me lo ha regalato mio figlio che è in America, quest'altro il marito di mia figlia che si trova in Italia". L'Albania conta 2 milioni e 800 mila abitanti residenti e altrettanti emigrati all'estero. Il simbolo del paese, che dà il nome al popolo, è l'aquila a due teste, delle quali una guarda a destra, l'altra a sinistra. Una è volta al passato, l'altra al futuro. Una veglia sui figli residenti, l'altra sugli emigrati.

Il passato è segnato dalla feroce dittatura di Henver Hodja, 48 lunghi anni di ateismo e sospetti. Un popolo segnato dalla violenza e dalla sofferenza. Tore ci racconta la pena di vivere a Torovicë, la città dei prigionieri politici. Il nonno era stato ucciso perché considerato oppositore del regime comunista. La nonna, con tre figli, spedita in un campo di concentramento. La discendenza fino alla terza generazione punita con l’esilio e l’impedimento di seguire un’istruzione. Ogni giorno, il partito dava un pezzettino di pane raffermo ed era tutto. Aggiunge suor Rita: "Mia madre faceva il segno della croce quando era sotto le coperte; se qualcuno avesse scoperto che era cristiana scattava la persecuzione”. Nel museo di Scutari, è esposta una campana che, per scampare allo scempio, fu interrata. La cattedrale fu trasformata in palestra.

Gli albanesi oggi sono un popolo di “sopravvissuti". Ci sono strade, scuole, università. I giovani nutrono il desiderio di riuscire nella vita e sono molto determinati. Hanno whatsapp e facebook, ma lo usano per preparare il loro futuro. Per andare a scuola o all’università devono percorrere lunghe distanze a piedi. Kolas e i suoi due fratelli lavorano sei giorni su sette in fabbrica e guadagnano 8 euro al giorno. Però, si dicono fortunati perché hanno un lavoro. Se il padrone non è contento se ne va in Tunisia dove la paga è ancora meno. Gli albanesi sono famosi per la loro accoglienza. E nel nostro breve viaggio lo abbiamo sperimentato. Qui gli stranieri sono i benvenuti.

Nella parrocchia San Giovanni Paolo II di Bathore (Tirana), abbiamo incontrato molti bambini che il pomeriggio vanno all’oratorio. Fanno giochi semplici e sono pieni di energia. Non hanno la play-station e si divertono con una corda o con il pallone. Qui ci sono quattro suore italiane della beata Imelda, che fanno miracoli. Suor Virginia in 4 anni ha formato al taglio e cucito 4.000 donne, salvando dalla povertà altrettante famiglie. Gli imprenditori si rivolgono a lei per assumere il personale delle loro aziende. Le altre sorelle sono impegnate nella visita ai malati, nell’educazione di giovani, famiglie e bambini. Il parroco è un missionario polacco di nome Andrea.
Quest’estate un gruppo di giovani di Salerno andrà a Bathore e sarà immerso in questo mondo, per imparare l’arte dell’accoglienza e della determinazione nel perseguire un obiettivo positivo della propria vita.



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