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America Latina: Voglia di vivere e qualcosa di più

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Quali sono le maggiori speranze della gente del Brasile?

Le ha interpretate bene il neo-eletto presidente Lula. Nel suo primo messaggio alla televisione ha detto: "Se alla fine del mio governo tutti potranno fare colazione, pranzo e cena, allora potrò dichiarare, missione compiuta!".

Per questo ci vuole la collaborazione del resto del mondo. Perché per risolvere il problema della fame di cinquanta milioni di brasiliani, bisogna fare un appello a tutti ed aiutarli a scoprire che non si può stare bene da soli.

Mi viene in mente quello che è capitato in una chiesetta di periferia. Chiacchierando coi bambini seduti sui gradini dell'altare, il prete chiede a uno di loro: "E allora, hai già cenato?". "No, non ha cenato". Chiede la stessa cosa al suo vicino, che risponde: "Ma é chiaro che no. Come posso aver mangiato se io sono suo fratello?".

Cosa vi augurate per il nuovo anno?

Al discorso del presidente, aggiungo la lettera che il capo-villaggio dei Kayapó di Moikàràkô mi ha dettato, l'anno scorso, contro la guerra e ogni tipo di violenza: "imã guerra kum kinh kêt…" - Noi non vogliamo assolutamente la guerra, perché vogliamo continuare a mangiare bene, a dormire bene, a pescare, a dipingerci e fare festa...". E così via, per due pagine. Insomma, ci auguriamo tutti di poter vivere una vita umana normale.

Ma la voglia di vivere dei brasiliani, indios compresi, chiede un qualcosa di più. Chiede la Parola, che viene dal cuore e che brucia dentro il missionario. In tutti c'é l'attesa per la persona di Gesù e per il suo vangelo; la Buona Notizia per tutti i popoli, chiamati a formare una sola famiglia con il Padre, con Gesù Figlio e con lo Spirito Santo.

Quali sono le aree di maggiore impegno per voi missionari?

Dove non siamo ancora presenti; dove non é ancora arrivato il Vangelo… queste sono le aree dove noi missionari dobbiamo impegnarci di più.
E dire che spesso tutta la giornata si riempie di amministrazione, di ufficio, di carta… che parla di pace e bene. Ma quand'è che arriviamo a condividere la pace e il bene con i disperati? Quand'è che riusciamo ad andare fino agli ultimi confini della terra?

Perché può anche capitare, dopo avere attraversato il mare ed essere sbarcati in terra di missione, di essere arrivati e... di naufragare sulla spiaggia.
Sì, le aree di maggior impegno sono sempre oltre il recinto. Per noi missionari, i sentimenti e le preoccupazioni spaziano fuori del nostro giro quotidiano. Noi dobbiamo ripartire tutti i giorni.

Quali sono le vostre prospettive maggiori?

Tutto dipende dal punto di vista. Qui in Brasile si dice: dimmi dove hai i piedi e ti dirò cosa pensi. Che sia la stessa cosa dappertutto?

Domenica scorsa sono andato all'ospedale a trovare i parenti Kayapó del villaggio dove sono vissuto sei anni. Ho visto metà villaggio: ammalati, accompagnanti, anziani in attesa della pensione, gestanti e madri cui é dovuto il beneficio della maternità... A Moikàràkô, in villaggio, si vive benissimo senza soldi. Ma in città bisogna comprare tutto. Cambiano le prospettive.

Capita così anche al missionario. Affermare che le aree di maggiore impegno sono quelle dove ancora non siamo, esige un cambiamento, una nuova partenza. Specialmente se vogliamo condividere la dimensione missionaria con la chiesa locale, aiutarla ad aprirsi sempre di più per scoprire la missione senza frontiere.

Qui c'è tanta gente che resiste, soffre, fa festa, si dispera e ritorna a sperare. E si apre sempre più agli ultimi confini della terra, come sta capitando, proprio in questi giorni, con gli Animatori dei gruppi di Infanzia Missionaria.

Anche il nostro Superiore generale ci ricorda che noi non siamo più in Brasile per le necessità pastorali di questa chiesa, ma per l'urgenza che questa chiesa ha d'essere arricchita del carisma missionario verso i non credenti, oltre i nostri confini. Questa é la nostra ragion d'essere.



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