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Frequentemente, su queste pagine, mi sono soffermato su un aspetto della Casa Madre e sullo stile di vita che conducevano i suoi abitanti. Essa ha conservato sempre una peculiare vocazione. Pur essendo una struttura usata da persone votate a una certa clausura, tipica delle strutture religiose, le definizioni autorevoli che ne sono state date nel corso della sua vita centenaria (nido degli aquilotti, grande alveare), ne sottolineavano la vivacità e la sua propensione a mantenere insieme tanto il suo propendere verso il fuori, quanto un suo articolato e vario dentro.

La pandemia del Covid-19 ha sconvolto tutto. Ha chiuso porte e finestre e aperto una falla (figurata) enorme sul tetto. Per noi, l'ultimo piano è adibito a infermeria di lunga degenza che, un po’ scherzosamente, consideriamo come l'anticamera che si affaccia direttamente sul Cielo. Mai è stato più dolorosamente vero: molti nostri confratelli ne sono stati come risucchiati.
La scoperta della presenza di persone positive al virus ci ha costretto a chiuderci in casa e decidere di metterci in auto quarantena. Praticamente privi anche di materiale di protezione e per non mettere a rischio altre persone, abbiamo lasciato a casa tutto il personale ausiliario che faceva funzionare l'intera struttura: infermeria, cucina, lavanderia, pulizia, segreterie varie…

Ci siamo trovati a dover fronteggiare un nemico che sapevamo esserci, ma senza esattamente sapere dove si nascondeva. Come tutti gli italiani, del resto. Per i primi 4 o 5 giorni, abbiamo lavato pavimenti, pelato patate, carote, mele cotte, cucinato pasta, minestre, verdure e quant'altro, per sfamare una ottantina di bocche. In questi casi si trova sempre qualcuno che scopre in sé sorprendenti capacità per “sgommare” la situazione, ma sempre di comunità, tutta di genere maschile e con altre abilità professionali, si è trattato. Piano piano, si sono trovate efficaci soluzioni per cucina e lavanderia, mentre il nemico imperversava. L'albero è stato scosso violentemente, ma lo spirito di adattamento (fa parte del DNA di un missionario) ha funzionato al meglio. Per il resto la situazione si è sviluppata con le stesse, tragiche sequenze vissute da tante altre strutture similari in tutta Italia: RSA, case di riposo, conventi.

Il 1° maggio, le autorità hanno inviato una équipe di operatori sanitari che hanno sottoposto noi tutti alla prova del tampone. Del nostro dramma molto si è occupata anche la stampa ed i social. Ci siamo sentiti avvolti da una calda vicinanza ed empatia di tante persone che, insieme con la fede, ci ha recato tanto sollievo. A tutti la nostra riconoscenza. Il Signore ci ha provato duramente, ma non ci ha consegnato alla morte.



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