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Sono trascorsi più di sessant’anni da quando p. Aurelio Cannizzaro giunse a Gallico per gestire il Santuario della Madonna della Grazia. Dotato di grande iniziativa, si attivò per fare del tempio un polo del culto mariano per i fedeli dell’intera Vallata. La sua fervida creatività e l’incessante operosità lo spinsero a rendere visibile la sua esperienza di missionario. Regalò al quartiere il suggestivo e affascinante Parco della Mondialità e, attraverso le sue opere, rinsaldò la relazione con il territorio.

Dopo la sua morte, altri saveriani diedero continuità al suo operato. Gallicesi di adozione, seppero accostarsi con interesse alle tradizioni religiose locali, sostenendole con grande impegno e avvalendosi della preziosa collaborazione di tante persone. Di loro rimane un nostalgico ricordo e una significativa impronta nella storia del santuario e del quartiere. Citarne i nomi sarebbe solo un arido elenco. Renderli presenti, invece, attraverso alcune testimonianze è dire loro, ancora una volta, grazie per l’eredità di esempi e insegnamenti che hanno lasciato.

La signora Caterina Gangemi, fondatrice nel 1970 e responsabile del coro “Gioia di vivere”, che ancora oggi anima tutte le celebrazioni al Santuario, si emoziona nel ricordare l’accoglienza e la disponibilità di tutti, ma in modo particolare la stretta collaborazione nel gestire le opere di beneficenza con p. Salvatore Gurrieri, per i momenti di preghiere missionarie con  p. Giovanni Pes o le attività socio-culturali con p. Nicola Colasuonno, senza escludere gli altri missionari dei quali conserva un indelebile ricordo.

“La gran parte dei miei ricordi più belli vissuti fuori casa, dall’infanzia alla giovinezza - ricorda Sergio Polito - sono in qualche modo legati al Santuario della Madonna della Grazia e al Parco della Mondialità, che da bambini abbiamo imparato a pensare come il suo allargamento all’aperto. Due realtà straordinarie, per cui tanto dobbiamo ringraziare i saveriani che, per anni, si sono succeduti nella cura delle persone e dei luoghi.
Non c’è qui lo spazio per un pensiero per ciascuno di loro, riporterò solo qualche ricordo per me indelebile: gli infiniti pomeriggi di giochi e rincorse sotto gli occhi luminosi di p. Aurelio Cannizzaro; le innumerevoli avventure con il gruppo Scout, che p. Aurelio aveva tanto desiderato e supportato; le celebrazioni al Santuario e all’aperto nei mille scorci che rivelano l’unicità del Parco (l’anfiteatro greco, la Via Crucis all’aperto, il campo degli ulivi, la spianata della Pentecoste); la bancarella delle missioni alla “Festa della Grazia”, un anno in compagnia di un famoso calciatore che aveva conosciuto p. Ercole Marcelli a casa sua, in Sierra Leone. E poi altri ricordi più personali: un viaggio a Roma e a Parma nelle case dei saveriani ospiti del generoso p. Salvatore Gurrieri; un percorso di Lectio biblica settimanale con p. Giorgio Masi e diversi giovani alla scoperta del Vangelo nel quotidiano; una marcia per la pace con p. Nicola Colasuonno da Locri a Gerace, in una notte di capodanno sottratta per una volta ai festeggiamenti tradizionali. Il racconto si ferma qui, mentre tanti altri ricordi si accendono e riscaldano il cuore di gratitudine e di speranza. Che la ricchezza della spiritualità saveriana possa ancora agire da stimolo ed ispirazione per tanti.

Non discordi le parole di Francesco Gangemi che, fin dall’adolescenza, ha vissuto il Santuario e il parco. Dei padri, dall’infaticabile p. Aurelio a Pierluigi Felotti, ultimo saveriano a gestire la struttura, ancora oggi considera l’indelebile ricordo come un lascito spirituale, umano e culturale racchiuso nella parola Mondialità, un atteggiamento di accoglienza e disponibilità sempre tenuto verso gli altri. Due felici esperienze in particolare hanno inciso sulla sua formazione: nel 1968 l’ospitalità ai terremotati della Valle del Belice e, negli anni settanta, la costruzione del Villaggio estivo per i bambini meno abbienti del territorio nord della città. La gioia di un bel ricordo è però oscurata da altri momenti molto tristi: il giorno in cui hanno detto addio a Gallico e ai gallicesi e il recente grande lutto che la pandemia da Covid 19 ha inflitto alla Famiglia saveriana.

Sono stati anni di collaborazione, ma soprattutto di dialogo, amicizia e insegnamento perché, conclude la riflessione Francesco Gangemi, tutti sono riusciti a trasmettergli qualcosa di loro e a fargli comprendere la grandezza e la bellezza della dimensione spirituale e dell’operosità missionaria nei paesi lontani, non solo dal punto di vista geografico, ma soprattutto culturale. Un impegno narrato sempre da tutti con evidente nostalgia. 

Anche chi scrive conserva un bel ricordo dei saveriani, sia per la loro amicale attenzione alla vita della parrocchia di San Nicola di Bari, che hanno gestito per alcuni anni collaborando con il gruppo che vi operava per la buona riuscita delle varie attività liturgiche, sociali e culturali, sia per un’edificante esperienza di formazione interculturale.
Tutto cominciò quando Mimma Iannò ricevette l’invito da parte di p. Ivaldo Casula, allora presidente del Movimento CEM (Centro Educazione alla Mondialità), di formare un gruppo locale a Gallico. I saveriani misero a nostra disposizione dei locali per gli incontri e, nella suggestiva cornice del Parco della Mondialità, consona allo spirito di interculturalità del CEM, iniziammo un percorso o meglio un viaggio nella relazione umana con un linguaggio nuovo.

P. Oliviero Ferro e p. Pier Giorgio Lanaro hanno sostenuto l’iniziativa e l’impegno di persone desiderose di mettere in discussione lo stile di vita personale e professionale per una nuova visione del mondo.
Per molti anni, sono stati portati a termine con successo, spesso in collaborazione con il SAE (Segretariato Attività ecumeniche), l’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il mondo dell’associazionismo, progetti destinati alle scuole di ogni ordine e grado, mini convegni, laboratori, concorsi e corsi. Il comune obiettivo era promuovere atteggiamenti e comportamenti sempre più aperti alla “Convivialità delle Culture”.

Queste esperienze hanno lasciato una duratura impronta in tutti coloro che sono venuti a contatto con l’importante movimento. Sono stati citati alcuni nomi, ma in realtà tutti i missionari che si sono alternati al Santuario Madonna della Grazia, indipendentemente dal tempo di permanenza, hanno costruito una relazione di amicizia. E, malgrado qualche inevitabile divergenza, è cresciuta la volontà comune di aprirsi al dialogo con le diversità, nel rispetto della volontà del fondatore dei saveriani San Guido Conforti: “Facciamo del mondo una sola famiglia”.



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