Skip to main content
Condividi su

La regina Elisabetta, rese famosa l'espressione in cui definì il 1992 "annus horribilis" per gli avvenimenti succeduti alla corona d'Inghilterra. Poca cosa rispetto a quanto ci sta offrendo lo sconquasso che stiamo vivendo. Al punto che, per sentirci vicini in tempi in cui dobbiamo tenerci distanti, siamo stati costretti ad inventarci anche un nuovo galateo. Il ricorso al mondo "virtuale", al lavoro "a distanza", ci ha aiutati ma non appagati, perché non poteva sostituirsi alla "dimensione fisica" del poterci toccare, abbracciare, accarezzare… Il problema ha toccato sia la società civile che la chiesa.

Gomiti e pugni. La società civile è ricorsa al gesto del darsi i gomiti. Ora, ciò che il gomito simboleggia nel nostro immaginario, non è, di per sé, esaltante. Infatti, diciamo: sgomitare, alzare il gomito, piantare i gomiti nello stomaco, allargare i gomiti in un autobus affollato, venir sanzionati nel gioco del calcio…  Insomma, i gomiti simboleggiano prepotenza più che accoglienza e buona creanza.
L'altro gesto consisteva nello sfiorarsi le mani con il pugno chiuso. Dalla padella alla brace, perché il pugno chiuso non evoca immagini e situazioni più pacifiche del gomito. Dalla sua può solo consolarsi, perché somiglia alla goliardica pacca sulle spalle.

Complessivamente, dovendo rinunciare alla stretta di mano, entrambi i gesti sanno di imbarazzante rozzezza. È come “dire roma per toma" e mettersi a ridere, per esorcizzarli. Gran parte dell'Oriente già usava (sempre) gesti più eleganti e meno equivocabili, mentre la Chiesa si rese conto di non poterli raccomandare affatto.

Sguardi ed inchini. Sul versante ecclesiale, i vescovi, per sostituire il gesto della pace che ci si scambia durante la Messa, hanno proposto gesti che invece si ispirassero a nobile rispetto e pace. Con un'apposita istruzione hanno scritto che “volgere gli occhi per intercettare quelli del vicino e accennare un inchino” esprima eloquentemente la ricerca del volto altrui e la volontà di accogliersi.
L'uso del guardarsi ha qualche ombra (non percepibile dall'esterno): un'occhiata può essere circospetta, sbrigativa, bieca, malandrina… ma è comunque accettabile o, se vogliamo, il minimo sindacale.

L'inchino è gesto eloquente ed elegante. Lo si usava tra persone nobili. Esprime bene riconoscimento e rispetto dell'altro ma, attenzione, comporta un sottile disagio psicologico, perché richiede di abbassare la testa e, forse, proprio per questo, non è stato preso in considerazione dalla società civile (in Occidente). L'inchino è quanto mai trasparente, ma anche più impegnativo. Accompagnato da un bel sorriso, perde quel tratto di freddezza e distanziamento che i tempi ci impongono. E non è affatto male neppure in un tempo non "horribilis".



Logo saveriani
Sito in costruzione

Portale Unico dei Saveriani in Italia

Stiamo finalizando la nuova versione del portale

Saremmo online questa estate!

Ti aspettiamo...

Versione precedente del sito