Cari amici e care amiche,
scrivo alcune righe per ringraziare dei tanti messaggi di prossimità e solidarietà arrivati in questi giorni e per aggiornare sullo stato attuale delle cose. Qui a Chemba non ci sono problemi particolari. Ieri, in seguito alle forti piogge dei giorni scorsi, sono state aperte le chiuse di Cahora Bassa, grande diga sullo Zambesi. Stiamo aspettando la piena che, in ogni modo, dovrebbe essere controllata.
Ogni giorno che passa diventa, invece, più chiara e drammatica la devastazione umana e materiale che ha lasciato il ciclone Idai a Beira e nella zona centrale del Mozambico, fino al confine con lo Zimbabwe. Fino ad ora, dopo alcuni giorni da quel terribile 14 marzo, i morti accertati sono 535, ma le autorità affermano che il numero è destinato ad arrivare almeno fino a 1000. Nei giorni scorsi, nel distretto di Buzi centinaia di persone sono rimaste per due giorni sui tetti delle case o arrampicate sugli alberi, per fuggire dalle acque torrenziali dei fiumi in piena. Abbassatosi il livello emergono i cadaveri di chi non ce l'ha fatta. A Beira, solo ieri è stata ristabilita parzialmente l'energia elettrica. Sempre ieri è stata anche riaperta la strada nazionale n°6, unica via terrestre di accesso alla seconda città del paese.
Nei primi giorni immediatamente successivi alla tragedia, le uniche vie di accesso e di aiuto sono state quella aerea e quella marittima. Aumentano i casi di malaria e c'è il sospetto che anche il colera sia già in circolazione. Nel solo ospedale centrale di Beira, dal giorno successivo al ciclone fino a ieri, sono stati diagnosticati 2558 casi di bambini sotto i 5 anni colpiti da malaria. Nella triste gara delle classifiche al contrario, il Mozambico è il 3° paese al mondo con la maggiore percentuale di casi di malaria.
In questi giorni, alcuni amici dall'Italia hanno chiesto come possono aiutare. Come accennavo la settimana scorsa, come Missionari Saveriani, siamo presenti a Dondo, cittadina a 30 km da Beira, anch'essa fortemente colpita da ciclone. Tre padri vivono e lavorano là. Anche io vi ho vissuto tra il 2012 e il 2013. Tanta gente che conosco ha perso tutto. Aderite al progetto che abbiamo pensato e scritto assieme ai padri di Dondo.
Grazie di tutto... Un caro saluto. Ci portiamo reciprocamente nel cuore e... tiri pabodzi! (che in Sena significa pressapoco "restiamo uniti"!).