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Un anno fa c’è si è tenuto il Convegno dei saveriani sui Social Media, a Tavernerio (CO). Per riprendere quello stesso evento ospitiamo, nel paginone, la tesina di p. Marcello Storgato: “La Missione nei social Media”. Egli ha frequentato un master, per imparare a comunicare il vangelo, come missionario, nel mondo del web.

Papa Francesco da tempo ci dà l’esempio, occupando questo “posto” virtuale, questa “nuova “terra”. La tecnologia è un buon posto dove vivere la missione. Recentemente, lo vediamo, crescono ovunque (anche da noi!) tanti muri, che mostrano la nostra incapacità di “con-fidare” gli uni negli altri, di comunicare gli uni agli altri. Per non parlare dei “muri interiori” fatti di chiusura, paura, esclusione dell’altro.

Contro questa deriva disumanizzante, i discepoli missionari creano rapporti alternativi di fiducia e solidarietà. Così facendo, essi rendono credibile il vangelo, lo annunciano con la vita. Sono segni di speranza. Ma per fare ciò l’incontro personale, pur importante, non basta più. Per confrontarci con le generazioni di oggi occorrono infatti nuovi linguaggi, mezzi, tecniche e modalità.

Certo, non è facile né scontato comunicare all’interno dell’ambiente mediatico, pieno di interessi forti e ostili. Non possiamo però sottrarci alla sfida di “rendere umanamente e spiritualmente gustoso” il messaggio cristiano, veicolato tramite la nuova cultura digitale.

Ciò che dà efficacia all’annuncio non è tanto (e solo) il nostro sforzo, ma lo Spirito, protagonista della missione. Che però, normalmente, agisce tramite noi (non ci “spiazza”) e la nostra testimonianza di vita, personale e comunitaria. Ciò che è in gioco, anche oggi, non è una dottrina, un’idea, ma il futuro e il bene del pianeta (dice la Laudato si’), e in esso, di tutti i popoli. Essi hanno il diritto di conoscere “la gioia del vangelo che riempie la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento” (EG 4).

Condividere questo dono significa rischiare, uscire dai “facili e sicuri” recinti ecclesiali (si fa per dire), aprirci al nuovo e al mondo (Chiesa “in uscita”) utilizzando, senza remore e paure, tutti i mezzi immaginabili, compresi quelli tecnologici e digitali.

Non per tattica, ma per fedeltà al vangelo.

Oggi, la metà del pianeta è connessa a internet. Peccato però che il 50% non possa nemmeno accedervi, perdendo migliaia di opportunità. In ogni caso, a parte questa scandalosa “esclusione digitale”, la sfida rimane: toccare il cuore di quanti, miliardi di persone, non raggiungeremmo mai se non virtualmente, attraverso i mezzi di comunicazione. Questi ci fanno condividere istantaneamente le notizie (belle o brutte, vere o false) e diffonderle in modo capillare.

E noi possiamo, in piena libertà, decidere che cosa offrire all’altro. Possiamo, dice papa Francesco, offrire un pane fragrante e buono, la fede cristiana, con un linguaggio “adatto e comprensibile”, creando dialogo tra chiesa e mondo. Ci sentiremmo colpevoli di fronte al Signore se non adoperassimo questi potenti mezzi (…); servendosi di essi, la chiesa “predica sui tetti” (Mt 10,27) il messaggio; in loro trova una versione moderna ed efficace del pulpito.

Grazie a essi riesce a parlare alle moltitudini” (EN 45). Con fiducia gettiamo le reti! 



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