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Caro direttore,

   il cappellano dell’università cattolica “Providence” di Taiwan, prof. Ramon Santacana, mi ha mandato un’informazione importante. All’insegna della reciprocità, la Norvegia ha vietato all’Arabia Saudita di finanziare moschee, visto che non permette di costruire chiese sul suo territorio.

Il ministro degli Esteri Jonas Gahr Store ha dichiarato che saranno rifiutate le donazioni milionarie provenienti dalla Saudi Arabia: “L’accettazione di questo denaro sarebbe un controsenso, poiché nel paese arabo c’è il divieto di costruire luoghi di culto di altre religioni. Solleverò la questione davanti al Consiglio d’Europa” e difenderò questa decisione basata sulla più stretta reciprocità con l’Arabia Saudita”.

La notizia è stata purtroppo ignorata dai grandi mezzi di comunicazione. Ma è bene farla conoscere ai nostri lettori, anche come oggetto di riflessione.

Fabrizio Tosolini, sx - Parma.


Caro Fabrizio,

la notizia non è nuova; è infatti di ben quattro anni fa (ottobre 2010). È vero che i grandi media non vi hanno dato peso, a parte l’Avvenire (con un articolo di L. Fazzini) e pochi siti cattolici e laici. Non so come sia andata a finire la questione al Consiglio d’Europa, come lodevolmente promesso dal ministro degli Esteri norvegese di allora.

Fatto sta che chiedere la “reciprocità” in campo di libertà religiosa è un sacrosanto diritto da parte dei governi e delle diplomazie, se vogliono prendere sul serio i rapporti internazionali. Anche la chiesa chiede ininterrottamente a tutti - Stati e cittadini - il rispetto della libertà religiosa, ma non può esigere stretta “reciprocità”, in base ai principi evangelici.

Ma questa lodevole “reciprocità” non andrebbe applicata dai nostri governi in tanti altri campi? Perché limitarla solo alla questione “moschee - chiese”? Da vari anni ormai le finanze e le risorse arabe, cinesi, russe eccetera stanno acquistando importanti settori di investimento e di mercato; vengono stipulati accordi e contratti (non sempre trasparenti) tra governi e compagnie multinazionali…

E tutto questo è dichiarato “benvenuto!”, senza stare a guardare “il capello” del rispetto dei diritti umani.

Anzi, non poche personalità si sono dichiarate contro le sanzioni applicate a qualche Stato, perché hanno provocato il boicottaggio dei nostri prodotti e la perdita di interessi finanziari.

Ma c’è anche un’altra questione spinosa, che ci riguarda da vicino: da una parte, i cristiani perseguitati apertamente, senza che i governi e le diplomazie occidentali vi diano il dovuto peso; d’altra parte, l’avanzamento di estremisti islamici, del marchio Isis e affini, con giovani convertiti all’islam e pronti a compiere atti terroristici in tante parti del mondo, senza che gli islamici moderati sconfessino chiaramente e metodicamente questa rivendicazione della “religione della violenza”.

Mi domando: è conversione, o perversione? È conversione a una fede religiosa, o una perversione alla brutale violenza? Le voci dei “veri” islamici contro queste perversioni sono state troppo poche, troppo rare, troppo deboli. Speriamo che presto prendano maggiore consistenza e chiarezza, per liberarsi dal sospetto di… connivenza.

Cari saluti a tutti da  p. Marcello, sx.



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