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In Brasile, il Covid-19 ha colpito, dicono, almeno centomila persone con oltre settemila morti. In Amazzonia, ad Atalaia do Norte, dove mi trovo, ci sono pochi ospedali, pochi respiratori e pochi operatori della sanità. La situazione è disastrosa. Molta gente muore senza ricovero, sepolta in fosse collettive… È difficile per la gente rispettare le restrizioni che pure ci sono. Alcune comunità ed etnie indigene sono già state raggiunte dal virus. A questo s'aggiungono ragioni politiche e di negazionismo del presidente, che è contro l'isolamento sociale. Sostiene che si dovrebbe lavorare comunque ed è normale che molti debbano morire. Bolsonaro si è rivelato sempre più autoritario. La chiesa ha manifestato tre volte in aprile denunciando ed esigendo democrazia e serietà nella gestione della sanità contro la pandemia, giustizia, difesa dei più vulnerabili, celerità del sussidio emergenziale.
Nelle favelas, le baracche-casette sono appiccicate, con viottoli in mezzo e le famiglie sono molto numerose: come fare affinché tutti usino le maschere, la saponetta se non c'è l'acqua, l'alcolgel, e possano avere i tamponi? La pandemia è arrivata tra i poveri delle periferie. Però c'è molta solidarietà tra loro e da parte di chi sta meglio.
Questa calamità è un’occasione per riflettere, stare in famiglia, pregare insieme in casa, donare ai più colpiti, servire, relativizzare tanto consumismo, corse frenetiche, interessi, denaro... Quando finirà la calamità nulla sarà più come prima: saremo più umani, giusti, fraterni, accorti; daremo più attenzione ai figli e ai nonni, purificheremo la politica? Sarà una vera conversione, anche spirituale ed etica? È l'occasione - come dice papa Francesco - per riscoprire la Misericordia di Gesù Cristo per i più deboli. 



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