La fede più radicale non sorge dalla presenza ma dall'assenza di Dio
Seguendo l'invito di un amico, ho letto “La note del Getsemani” di Massimo Recalcati (Einaudi). Libretto che non raggiunge le 100 pagine, l’ho letto in poche ore, con molta commozione. Rievoca la notte di Gesù nel Getsemani come descritta dai Vangeli, senza l'abbellimento di alcun drappo devozionale. In quella notte di Gesù è la nuda notte dell’uomo, anche di ciascuno di noi. E’ la notte in cui la speranza a cui l'uomo ha appeso il senso della sua vita e per cui liberamente ha scelto di affrontare tante contrarietà, quella stessa speranza si rivolta indietro, gli si fa ostile e lo abbandona. Dopo averlo entusiasmato, ora lo lascia solo, nudo.
Nella notte del Getsemani i discepoli, sui quali Gesù aveva riversato fiducia e amore, dormivano: "Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora?" (Mt 26,40). Al suo arresto "tutti i discepoli lo abbandorano e fuggirono" (Mt 26,56).
Il Padre, che al battesimo nel Giordano, dal cielo aveva solennemente dichiarato "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento" (Mc 1,11), la notte del Getsemani si chiuse nel silenzio. Tacque anche quando i sacerdoti lo schernivano sulla croce: "Ha confidato in Dio, lo liberi lui, ora, se gli vuole bene" (Mt 27,43). Morì senza la carezza del Padre: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mt 27,46).
L’autore riprende una interpretazione del tradimento di Giuda già intuita e descritta da Endō Shūsaku, romanziere cattolico giapponese.
Ci vuole un tocco orientale per cogliere certe sfumature. Secondo questa interpretazione, Giuda ha tradito il suo maestro perché il suo maestro aveva tradito le sue aspettative e di tanti altri che in lui vedevano il restauratore della libertà e della giustizia sociale di Israele. Nel momento del bacio traditore, Gesù lo chiamò: “Amico”. In quell’appellativo c'èra anche l’affetto del maestro che con il discepolo condivideva il destino dell'uomo: quello, prima o poi, di dover venir tradito dalla speranza coltivata lungo tutta la vita. E' il rifiuto da parte di ciò che è stato più intimo nella propria vita. Dio rifiutò l'innocenza del Figlio amato e lo fece peccato: "Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore" (2 Cor 5,21).
"... ha consegnato se stesso per me" (Gal 2,20). Abbandonato dal Padre e tradito dai discepoli, Gesù consegnò se stesso alla legge che vuole che le cose siano così. Consegnò il suo ideale alla legge del limite. Consegnò la sua innocenza alla legge del peccato.
Consegnò la sua resistenza alla legge della resa, secondo una espressione di Bonhoefer.
Consegnò se stesso alle mani del traditore e dei soldati. Consegnò il regno di Dio al mondo. L'autore commenta: Gesù, "assumendo la propria vita come consegnata, la libera da ogni consegna" (pag. 76). E' una frase che penetra fino al midollo, come una freccia. E' la resa della libertà. A una coppia italo-giapponese di Milano nacque un bimbo stupendo, ma autistico. Alcuni lamentarono: "Ma perché doveva capitare proprio a voi?". Il papà rispose: "E perché no! Qualcuno ha avuto fiducia in noi e ci ha dato un bimbo così bello". La coppia italo-giapponese lasciò Milano e si trasferì a Lecco dove c'è una scuola per alunni così.
Si consegnò, liberandosi dalla legge forzata della consegna.
Il filosofo francese Jaques Derrida, citato dall'autore, afferma che la verità non è detta dalle parole scritte, ma dagli spazi vuoti tra le parole. Bonhoeffer testimonia che il Dio che è con noi è il Dio che prima o poi ci abbandona. Così ci riconsegna alla nostra nudità: "essere cristiano non significa essere religioso, ma essere umano" (Resistenza e resa, Queriniana, pag.498). L'autore conclude le sue riflessioni affermando che "La fede più radicale non sorge dalla presenza ma dall'assenza di Dio... Non c'è, infatti, alcuna presenza di Dio nel Getsemani, se non nella forma della sua assenza più radicale" (pag. 77).
Oggi, le riflessioni di questo libro mi giravano nellea mente e nel cuore mentre stavo seduto in metropolitana, dandomi un libero senso di resa a ciò che è, che accade. Il giovane che sedeva dirimpetto a me e che teneva un libro aperto tra le mani aveva tutto l'aspetto di essere un liceale, forse uno dei maturandi. Salì una giovane donna con il pancione. Il liceale subito s'alzò, consegnò il suo posto e, in piedi, continuò la lettura. Alla stazione seguente si liberò un posto e il liceale ritornò a sedersi, senonché dal vagone accanto sopraggiunse un anziano in cerca di un posto. Il liceale ribalzò in piedi e consegnò il posto appena avuto. Prima di uscire mi avvicinai al liceale, gli feci gli auguri per gli esami di maturità e gli strinsi forte la mano. Un giovane e un vecchio si sorrisero, nella consegna alla via.
Sempre oggi (19 giugno) al confessionale della chiesa di San Babila ritornò G., un giovane lucano. Era venuto anche ieri e mi aveva raccontato la vita grama che conduce. Per qualche motivo la sua famiglia non lo riaccoglie a casa e dorme in un casolare abbandonato nella campagna attorno alla città. Ieri aveva pianto nel dirmi tutto questo.
Alla fine dell'incontro di ieri è stato spontaneo un abbraccio e un bacio.
Oggi è ritornato tutto sorridente. La libreria Mondadori gli ha affidato dei volantini da distribuire: quindi un primo lavoro e un primo guadagno.
Mi ha chiesto una benedizione: abbiamo pregato assieme l'Ave Maria: un vecchio e un giovane. La consegna che avviene.
p. Luciano