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A. Tagliaferri - Interno di San Cristo

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Nella scarsa documentazione della chiesa riveste un certo interesse questo acquerello del più importante architetto bresciano di fine Ottocento (1835-1909), che tra disegni e progetti amava anche ritrarre scene di genere. Questo tempera ci offre una veduta dell'interno della chiesa assai vicina al vero, ambientata nel Settecento e incentrata sul mausoleo funebre Martinengo che accolse le spoglie del condottiero Marcantonio.

Nell'interno scuro della chiesa e alla maniera del Caravaggio un fascio luminoso entra da sinistra colpendo i marmi bianchi finemente scolpiti del monumento, illuminandone le quattro colonne di sostegno e l' arca con le statue dei santi Pietro e Paolo. All'estrema destra due nobiluomini imparruccati con spada e largo cappello conversano con un francescano nell' alone luminoso riflesso sul pavimento. In contrappunto a sinistra un altro religioso siede meditabondo contro la parete vicino al monumento, mentre oltre il pulpito di legno  e la cancellata del presbiterio un terzo frate si accinge a uscire a lato. Il centro d' interesse è rivolto evidentemente al maestoso monumento che risalta nei marmi bianchi e grigi al chiarore della luce. La presenza dei Francescani e i pizzi dei nobili  rimandano al '700, quando i frati minori erano già succeduti ai Gesuati.

Il Tagliaferri dipingeva dopo l'unità d'Italia quando il convento era sede del seminario retto da mons. Capretti che contrattò con lui in qualità di architetto comunale la cessione del mausoleo in cambio di finanziamenti per la riparazione della chiesa. Lavorando sulle mappe dell' edificio ha voluto lasciare una immagine dell' interno di S. Cristo, prima che l' artistico manufatto emigrasse definitivamente nel sottostante Museo Cristiano.

Colpisce nel quadro il raggio di luce proveniente da sinistra, dove per il vero non esistono aperture. Al massimo la fonte luminosa poteva arrivare dal rosone della facciata, o più ovviamente dagli archi delle cappelle che però sono a destra. Inoltre la parete di fondo  mostra bene l'arco trionfale con gli affreschi quattrocenteschi e il soffitto, ma è sfuggito al pennello un arco, quello che si pone sopra il pulpito con la scena del martirio di S. Margherita di Antiochia.

Giova notare al riguardo che questa tela è preceduta da uno schizzo a carboncino dello stesso autore che riproduce fedelmente la successione degli archi. Il Tagliaferri ha avuto una distrazione oppure si è permesso una licenza artistica, per cui se come architetto è stato preciso e fedele disegnatore, come pittore si è sentito più creativo e libero.


   Antonio Tagliaferri è una figura di spicco nella cultura bresciana della seconda metà dell' ottocento e protagonista indiscusso dell' attività architettonico-urbanistica e culturale della città per più di quaranta anni fino alla morte. Fu architetto molto prolifico, disegnatore e pittore molto apprezzato, noto e stimato ben oltre il suo luogo di origine, membro onorario di istituti culturali e in commissioni giudicatrici di diverse città italiane.

Frequentando l' Accademia di Brera viene a contatto con i massimi esponenti del momento fra i quali Camillo Boito, G. Visconti Venosta, De Cristofori. Nel frattempo coltiva la pittura con una serie di quadri vicino alle opere di Mosè Bianchi da lui conosciuto a Brera., li espone ottenendo menzioni ed entrando a far parte di tutte le commissioni artistiche e culturali del comune di Brescia. Tra i suoi progetti la sistemazione della facciate del Teatro Grande e portici , della Loggetta e Monte di Pietà, il recupero della carena a copertura della Loggia.

Ma l' opera più significativa resta il nuovo Santuario delle Grazie eseguito sia nei lavori murari che pittorici e decorativi, fino ai più minuti particolari come i banchi, i candelabri, le acquasantiere lasciando il più riuscito esempio di ricostruzione in stile e servendosi di collaboratori come il Faustini e Bertolotti. Nel gusto neogotico riveste il soffitto di azzurro e stelle dorate, soluzione che verrà adottata anche nel restauro della chiesa di S. Cristo.

Dopo i tanti monumenti come quello a Garibaldi, Tito Speri, Moretto, Nicolo Tartaglia, G. Zanardelli partecipa a concorsi nazionali tra cui quello dell' Altare della patria o Vittoriano di Roma con la soluzione ripresa poi dal Sacconi, entra nella commissione per Palazzo di Giustizia di Roma e concorre per la facciata del Duomo di Milano e per il monumento alle Cinque Giornate. A Milano opera nella zona del Castello e via Dante e Cordusio per case private, come poi farà a Brescia col Palazzo Martinengo da Barco attuale Pinacoteca, casa Ducos… il castello Bonoris di Montichiari. Impossibile citare le opere nuove e i restauri in edifici sacri, le opere tombali, i monumenti per non citare le arti minori come i mobili, le cancellate, il cosiddetto design, fino a testate di periodici, cartoline, vessilli…Come acquerellista partecipa a mostre legandosi in amicizia con Guidoni, Pezzoli, Bertolotti, Faustini, Manziana.

Muore il 22 maggio 1909. Anima veramente francescana egli fu sempre in ogni istante della sua vita, perfettamente sereno e buono. Per i giovani artisti fu prodigo di conforti e incoraggiamenti e li sostenne, purchè lavorassero." Rimane il più significativo interprete a Brescia del repertorio eclettico del secondo '800". (Fausto Lorenzi).

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