P. Giuseppe Pulcini e l’intervista su Ciad e Camerun
Nel 2014, avevo intervistato, ad Alzano, p. Giuseppe Pulcini, volato in cielo il 16 aprile scorso a Yaoundé in Camerun. Era rientrato in Italia per controlli medici. Con lui ho compiuto un bel pezzo di strada (dal Noviziato a Nizza Monferrato nel 1969 fino ad Udine nel 1984). Era doveroso intervistarlo sui suoi 30 anni di missione. In questi giorni, mi sono messo a rimontare le clip e sono rimasto colpito dalla profondità e semplicità di quanto aveva detto pochi anni fa. Vi riproponiamo qui il cuore di quell’intervista spontanea. Ci univa, oltre all'appartenenza territoriale, la scelta missionaria e tanti anni della nostra giovinezza vissuti e condivisi.
Il mio percorso formativo è iniziato nel seminario di Bergamo, ma essendo nativo di Nembro ho sempre tenuto un contatto con i saveriani di Alzano. L’incontro con p. Primo Castelli, che veniva in seminario a fare animazione, è stato decisivo e, alla fine del liceo, scelsi di entrare nel noviziato saveriano a Nizza Monferrato. Nel settembre 1970, ho fatto la prima professione religiosa. In seguito, ho trascorso due anni a Tavernerio per completare gli studi superiori e poi a Parma per il percorso di formazione teologica.
Ordinato presbitero nel 1977, l’anno successivo sono stato destinato alla nostra casa apostolica di Udine come formatore. Lì sono rimasto fino al 1984, quando ho ricevuto la destinazione per la missione in Camerun-Ciad. Ho passato i primi 15 anni nel nord del Camerun e gli altri 15, cioè fino ad oggi (2014), a sud del Ciad, nella diocesi di Pala. Questa presenza è stata voluta dalla chiesa locale per aiutare le diocesi nel grande sforzo di evangelizzazione. Il mio lavoro si è concentrato in particolare sulla formazione dei catechisti e degli animatori della Parola. Altri compiti erano quelli di seguire le Comunità Ecclesiali di Base, collaborare con la Caritas e accompagnare i gruppi giovanili. Il contesto era propizio per accogliere il Vangelo. Questa situazione mi ha fatto felice perché, oltre a dare, ho anche ricevuto molto.
Le nostre sono comunità che si prestano facilmente all’ascolto del Vangelo. Pur seguendo le loro tradizioni religiose, accettano la presenza del missionario. La nostra azione di annuncio e formazione ha permesso alla Parola di Dio di attecchire e portare i primi frutti. Il vescovo ci incoraggia nella nostra iniziativa di formazione delle comunità, soprattutto in zone a prevalente tradizione musulmana. Qui c’è una vera necessità di missionari per aiutare le comunità locali nel dialogo con la cultura e con le altre religioni presenti.
La comunità saveriana di Pala è composta da quattro missionari. Un confratello si occupa della radio diocesana. Quella dei mass media è stata una scelta importante perché ci permette di raggiungere un po’ tutti con le piccole radio che sono molto diffuse tra la gente e tra i giovani in particolare. È un mezzo che garantisce l’opportunità, vista la vastità del territorio e l'esiguo numero di operatori pastorali, di continuare il lavoro di formazione anche a distanza.
Un altro confratello segue l’animazione e la formazione giovanile nella zona di Bongor. Si tratta di costruire un percorso che permetta di incontrare e approfondire valori umani e cristiani fondamentali per la vita della gente e dare cosi risposte adeguate alle sfide che la cultura ambiente e la modernità attuale presentano.
Essere vicini alle persone, con uno stile di vita semplice, ascoltare le loro esigenze e aspirazioni, ci avvicina a loro e questo fa in modo che ci sentano loro amici. Ciò crea anche la condizione per entrare più in confidenza e interpella di più le nostre scelte e perfino la nostra fede. È un circolo virtuoso, per cui possiamo parlare e spiegare il messaggio di Gesù, fondamentale per liberare le persone dalle tante paure che le popolano e offrire motivi di speranza per uscire da grovigli, trappole e legacci culturali e religiosi.
Ho un’esperienza molto positiva della missione. Mi sembra di essere più a mio agio là che non in Italia. E poi mi sembra di aver ricevuto e di ricevere molto. Una gratuità di doni da non credere. Immeritati! Ricevo molto dalla gente. E questo mi dà la motivazione per stare e camminare con loro, mostrare una fratellanza che si radica nell’esempio di Gesù e aiuta tutti ad andare avanti su un cammino di umanità.
P. Beppe esemplifica questo frutto evangelico nella vita quotidiana. Sottolinea che, nonostante una vita frugale per la situazione del territorio, la gente è generosa nel condividere. Su questa linea c'è la presa in carico dei presbiteri locali. Tutto questo fa ben sperare per il futuro. L’aiuto più grande che attualmente i missionari possono dare è quello dell'approfondimento della cultura e del dialogo con le altre religioni. Si è fatto qualcosa, ma si deve andare oltre. Ci vogliono più competenze e preparazione per poter capire la novità del Vangelo.