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* [da: Mara Castellaro] * 

ORFANOTROFIO "Children's home St. Patrick" a MUJWA

Dal 9 al 20 luglio ci siamo recati in Kenya per visitare l’orfanotrofio St Patrick che il “Gruppo Missioni Terzo Mondo” della parrocchia di Carpenedo, di cui facciamo parte, sostiene da molti anni a Mujwa.

L’incontro con questo paese, con i suoi ambienti e la sua cultura, ma soprattutto con le persone che ci ha dato modo di incontrare, ci ha donato un’esperienza intensa, eccezionale, che vorremmo poter condividere con chi ha a cuore le sorti del continente africano e dei suoi abitanti.

Una cosa che ci ha stupito del Kenya settentrionale, è l’ampia varietà di paesaggi che si susseguono percorrendo solo poche centinaia di chilometri: dalla lussureggiante foresta ricca di contrasti cromatici ma povera di infrastrutture dove è immerso il nostro villaggio, alla distesa fertile degli altipiani su cui sorgono ancora oggi estese e redditizie proprietà straniere, alla savana dove vivono protetti nei parchi i grandi mammiferi africani e dove risiedono tribù che, come i Turkana e i Samburu, hanno scelto di continuare a praticare uno stile di vita tradizionale sebbene sempre più precario, alla bellezza sconfinata del deserto dell’estremo Nord dove le condizioni di vita diventano veramente ardue.

In tutti questi luoghi di incomparabile bellezza naturale, la popolazione locale vive una condizione di sostanziale povertà, in cui c’è una carenza quasi assoluta di strutture economiche in grado di guidare la nazione verso un rapido sviluppo e un sensibile miglioramento del tenore di vita dei suoi abitanti, impegnati quotidianamente nella lotta per la sopravvivenza.

Per superare questa drammatica situazione, è indispensabile puntare sulla formazione scolastica delle nuove generazioni, investire sull’istruzione per emancipare le persone da una condizione di povertà materiale e culturale che le mantiene succubi di uno stato di bisogno ed impedisce loro di veder riconosciuti i diritti umani primari: il cibo,l’acqua, l’istruzione, la salute, la casa.

Contrariamente al nostro, il Kenya “è un paese per giovani”, infatti, il 40,87% della popolazione ha meno di 15 anni, nelle loro mani è racchiuso il futuro del paese. Quando incontri il loro sguardo, spesso ti imbatti in un’espressione di innocente curiosità e simpatia verso lo straniero, il volto pronto al sorriso, ora più timido ora più sfrontato.

Al mattino, di buonora, tra i sentieri di terra rossa che tagliano la foresta, i ragazzi del villaggio e dell’intera contea di Meru, percorrono anche molti chilometri a piedi per raggiungere le scuole, perlopiù private, spesso gestite da qualche missione; quelle pubbliche sono veramente povere di mezzi e di strutture, ma garantiscono un frugale pasto, forse l’unico della giornata. Talvolta capita che bambini più indigenti siano esclusi anche da questa opportunità perché le famiglie non sono in grado di pagare neppure una modestissima retta o necessitano delle loro braccia nei campi.

Per fortuna l’orfanotrofio che noi sosteniamo, riesce a garantire, in modo essenziale, tutto ciò che è indispensabile alla crescita materiale ed affettiva dei bambini: offre cibo e cure, stabilità e sicurezza; educa alla responsabilità, alla solidarietà ed alla condivisione tra pari; assicura la frequenza scolastica ed incoraggia i più meritevoli a continuare il loro percorso di studi.

Straordinario è il clima che si respira al suo interno: spensieratezza nei giochi in cortile, gratitudine e rispetto per i responsabili della struttura che sanno essere presenti con dolcezza ed autorevolezza ammirevoli; una grande famiglia capace di mitigare la nostalgia della famiglia originaria e, talvolta, di sostituirla con più sollecitudine.

Come abbiamo già detto, per noi volontari questo viaggio si è rivelato una straordinaria quanto intensa esperienza conoscitiva ed umana; abbiamo conosciuto un paese ed una cultura molto lontani dalle nostre consuetudini ed abbiamo imparato ad apprezzarli anche grazie all’aiuto dei tanti missionari e volontari che lì operano con instancabile entusiasmo da decine di anni, portando servizi essenziali alla popolazione come scuole, dispensari, consultori per le gestanti, reparti per le partorienti e i neonati.

Un ringraziamento particolare lo dobbiamo rivolgere a Daniele, il volontario che è il nostro diretto referente per la gestione del St. Patrick, da noi costruito una decina di anni fa e che oggi ospita una settantina di bambini; tutto ciò che è stato realizzato dal nostro gruppo, si è avvalso della sua preziosa opera di intermediazione.

Sotto la sua apparente ruvidezza, si nasconde un cuore d’oro e un ingegno finissimo, sempre pronto a risolvere i problemi più diversi per chiunque, come deviare un fiume per l’approvvigionamento idrico della missione o costruire casette e letti per i nullatenenti, prendersi cura di due piccoli orfani malnutriti accogliendoli nell’orfanotrofio o avviare un piccolo ma efficiente laboratorio di panificazione per sfamare i suoi piccoli ospiti …

In queste poche ma dense giornate, abbiamo coltivato anche una ricca rete di relazioni con le persone avvicinate casualmente per strada, al mercato, a una festa; privi di convenzioni e di lingua comuni, il nostro approccio è avvenuto in modo spontaneo e autentico, letteralmente contagiati dal sorriso e dalla gioia dell’incontro con l’altro. In questi luoghi manca tutto, ma non l’umanità.

Chi ci ha conquistato definitivamente il cuore, però, sono stati i bambini, in particolare quelli conosciuti al St. Patrick con i quali abbiamo trascorso del tempo e condiviso cibo e giochi; spesso nella profondità dei loro grandi occhi scuri si intravvedevano ombre di sofferenze passate, ma la speranza e la fiducia alimentate da un presente sereno, riuscivano ad avere la meglio su tutto il resto, regalando a noi una grande lezione di vita.

Per concludere, un sentito grazie a tutti coloro che ci hanno seguito in questo percorso e a coloro che, con il sostegno ai bambini del St Patrick, rendono possibile l’esistenza di questo piccolo miracolo.

Mara Castellaro



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