[dal sito delle Missionarie Saveriane] *
Tornando giorni fa nell’est della Repubblica democratica del Congo, dopo l’evento delle elezioni e dell’avvento del nuovo presidente, ho cercato di cogliere l’aria che tira. L’aspetto di Uvira, della Piana della Ruzizi, di Bukavu è sempre quello, a parte qualche pezzo di strada riassestata e qualche palazzo di benestanti in città che è stato terminato.
Le strade difficili da percorrere. Molte donne in città ancora sotto i pesi dei sacchi che trasportano per pochi spiccioli.
Ma si sente un’aria nuova. Una fierezza nuova, di essere riusciti in un’impresa che ad altri popoli vicini non è riuscita: votare senza confermare il presidente uscente, anzi avere al potere qualcuno dell’opposizione. E anche, profondamente il sollievo di aver evitato una guerra civile, che era evocata anche dalla presenza inquietante di militari nuovi prima delle elezioni.
Aria di speranza di vedere finalmente quei cambiamenti che permettano a ciascuno di vivere con dignità e al popolo congolese di non sentirsi l’ultimo del mondo. Molti attribuiscono questo all’incessante preghiera che dalle diverse chiese e case s’è levata per chiedere un cambiamento positivo senza violenza.
Coloro cui chiedo dicono di saper bene che non è Félix Antoine Tshisekedi Tshilombo, installato il 24 gennaio, il vincitore reale delle elezioni, però un risultato c’è: c’è al potere un uomo dell’opposizione. Rispondono picche a qualcuno che vorrebbe chiamarli al sollevamento.
"Sappiamo – dice un animatore della società civile – che questo risultato non è perfetto, ma se avessimo voluto la perfezione, questo avrebbe significato una guerra civile”. “Non è l’uomo che ci interessa – aggiunge un altro analista – sono le riforme. Abbiamo capito che la democrazia non consiste solo nel votare: bisogna tallonare chi è al potere perché faccia le riforme necessarie”.
Voci di speranza circolano e non è sempre chiaro se si tratta di attese o già di fatti compiuti: la riduzione del costo di un nuovo passaporto da 350 dollari a 50; la riduzione dei salari dei deputati nazionali da 13.000 dollari a 2.500, per dare respiro a maestri e poliziotti che ricevevano 80…
Il grande sogno delle famiglie è la fine della “prime”, la tassa che ogni bambino, dalla prima elementare in poi, paga mensilmente per integrare o costituire il salario degli insegnanti: una vera palla al piede per famiglie già in difficoltà di sopravvivenza, e causa dell’abbandono scolastico di migliaia di bambini.
La fiducia che forse non ha conquistato con le urne, ora il nuovo presidente è chiamato a conquistarla con i fatti. Le prime parole fanno ben sperare, e le occasioni non gli mancano certo per conquistarsi l’amore di un popolo affamato di dignità.
Poiché il problema del Paese non è solo interno, sta ai Paesi fratelli della Comunità internazionale chiedersi che cosa possono fare per permettere alla piroga della RD Congo di avanzare. Sta a ciascun Paese, soprattutto quelli del Nord, guardare nel profondo dell’acqua per scorgere le zavorre che può aver messo al cammino di un Paese le cui ricchezze escono a fiumi con ben poco profitto per il popolo.
Bisogna che gli “Affari esteri” divengano “Solidarietà internazionale”.
E allora vedremo che anche la febbre a quaranta delle masse in fuga si acquieterà. Questo mondo può e deve diventare vivibile per tutti.
Teresina Caffi
Bukavu, Sud-Kivu - RD Congo.