Skip to main content
Condividi su

Da qualche mese Giorgio non ci raggiungeva più, come di consueto, con un suo messaggio, a cadenza almeno settimanale, per commentare qualche avvenimento o qualche ricorrenza, o per suggerirci una nuova traccia di ricerca e trepidavamo per la sua salute. Ora ci ha lasciato e soffriamo per questa perdita. Ebbi la fortuna di incontrarlo 28 anni fa in occasione dell’uscita del suo Lo sviluppo sostenibile del 1991, che venne a presentare a Brescia su mio invito. Stavo concludendo un difficile e doloroso distacco da circa vent’anni di impegno politico nel sindacato, molti a tempo pieno e nei settori industriali. Una rielaborazione mai conclusa di una sconfitta collettiva che mi imponeva di ridefinire, quasi dalle fondamenta, il mio rapporto con la società, così come l’avevo vissuto nella prima metà della mia esistenza. Impresa ardua, bisognosa di nuovi punti di riferimento per non rischiare di tradursi, come avvenne a tanti, nel proverbiale riflusso nel privato. 

Ebbene, Giorgio ha rappresentato forse il punto di riferimento più saldo, illuminante, fin da quel primo incontro, cui seguì una relazione per me straordinariamente feconda, di cui gli sono immensamente grato. La dimensione storica è stata ed è il terremo comune di questo dialogo. Il mio retroterra formativo era umanistico, cui si era sovrapposta la cultura operaista e industrialista propria di una certa sinistra sindacale, che aveva cercato di interpretare al meglio il “lungo autunno caldo”. Mantenendo, sempre, un interesse particolare per la storia, come possibile supporto per decifrare più in profondità quei tumultuosi anni.

Giorgio Nebbia, chimico, per decenni docente di merceologia all’Università di Bari, padre nobile del pensiero ecologico, mi sorprese subito per quella sua peculiare attenzione alla dimensione storica della scienza e della tecnica. Per chi è abituato all’ostentazione ultraspecialistica e supponente di tanti uomini di scienza, questa passione per la storia potrebbe sembrare una sorta di hobby, un orpello superfluo. Tutt’altro, invece, nel caso di Giorgio Nebbia, il quale da sempre ha avuto ben chiaro come la tecnica abbia ben poco a che fare con quella sorta di divinità che domina gli umani ed a cui gli stessi non possono che soggiacere, la Tecnica con la “T” maiuscola di cui parla Emmanuele Severino. La tecnica e la scienza, ci insegnava Giorgio, sono parte integrante della cultura dei gruppi umani, e hanno assecondato ed accompagnato l’evolversi e le modificazioni del loro modo di stare sul Pianeta e di utilizzarne i flussi di materia e di energia. Spesso in modo intelligente e lungimirante, a volte stupido ed autolesionista. È insomma la dimensione storica che ci permette di acquisire una visione critica della tecnica e della scienza, in questo senso assolutamente indispensabile per discernere il grano dal loglio, per apprezzarne, cioè, i risultati, ma anche per individuarne i limiti e gli errori, di ieri, di oggi e, possibilmente, di domani.

Una visione critica, oggi, più che mai indispensabile per contrastare i deliri dell’assolutismo scientista mantenendosi su di un terreno razionale e positivo. In questo senso l’opera divulgativa di Giorgio Nebbia fu esemplare: con un linguaggio impareggiabile sapeva trasmettere un profondo amore per la ricerca scientifica messa al servizio del bene comune, evidenziando nel contempo quelle che lui chiamava “trappole tecnologiche”, ovvero gli effetti boomerang sull’ambiente, e quindi anche sulla condizione umana, di malaccorte innovazioni. Ed in effetti, da questa dimensione storica e critica, Giorgio Nebbia ricavava una particolare attenzione ai risvolti sociali della tecnica, alle sue potenzialità di liberazione ed emancipazione dei poveri e degli esclusi, a quanto può contribuire alla creazione di un mondo più giusto. Ma nello stesso tempo, in lui, altrettanto importanti furono l’impegno militante e la vigilanza per combattere i risvolti potenzialmente distruttivi delle tecnologie, quelle legate agli armamenti ed al nucleare in primo luogo.

Per questo fu naturale la collaborazione intensa con la rivista “Missione Oggi” sui temi che gli erano cari della tutela dell’ambiente, della pace, della cooperazione internazionale. Del resto Giorgio Nebbia era stato l’inviato per la Città del Vaticano alla prima Conferenza internazionale sull’Ambiente a Stoccolma, nel lontano 1972, e ci ha lasciato riflessioni profonde sulle encicliche che gli erano più care, la Populorum progressio di Paolo VI e la Laudato Si’ di papa Francesco. Giorgio Nebbia, insomma, ci ha aiutato a coltivare l’ambizione di tenere insieme la giustizia ambientale con la giustizia sociale. Un’impresa ardua che la sua ironia ed il suo sorriso, che ci accompagneranno sempre, fanno sembrare persino possibile.



Logo saveriani
Sito in costruzione

Portale Unico dei Saveriani in Italia

Stiamo finalizando la nuova versione del portale

Saremmo online questa estate!

Ti aspettiamo...

Versione precedente del sito