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Il presepe e l'islam nella mostra interculturale saveriana di Salerno

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Ha suscitato particolare interesse nei visitatori della mostra #tanticuori1capanna conclusasi il giorno 20 gennaio 2019l’illustrazione del ruolo di Gesù e di Maria nell’Islam e alcune tradizioni connesse al presepe che uniscono Cristiani e Mussulmani Gesù nell’Islam

“La figura di Gesù Cristo nell’Islam è l’unico esempio di una religione mondiale, l’Islam, che contempla teologicamente la figura centrale di un’altra, riconoscendo questa figura fondamentale e costitutiva della propria identità.”

Così scriveva Tarif Khalidi nel Un musulman nommé Jésus. Una figura, quella di Isà ibn Maryam – Gesù figlio di Maria – assolutamente fondamentale in ambito islamico. Certo, nella sua prospettiva di un monoteismo monolitico e assoluto, l’Islam non può che rifiutare l’assunto cristiano che vede in Gesù “il figlio di Dio” e la manifestazione di Dio stesso:

questo non toglie però che, anche in ambito musulmano, la figura di Gesù goda di un ruolo per certi versi sorprendente.

Fra tutte le figure profetiche venerate dall’Islam, infatti, quella di Gesù può vantare delle caratteristiche che la rendono davvero unica, dei veri e propri “privilegi” la cui solidità teologica affonda le radici nello stesso Corano e negli hadith più antichi e venerati.

Tra queste caratteristiche uniche, le più importanti sono sicuramente:

la sua nascita verginale da Maria, affermata senza esitazione dal Corano; l’essere definito, sempre dal Corano, «Sua – di Dio – parola, che Egli pose in Maria, uno spirito proveniente da Lui»; la sua capacità di fare miracoli, pur se «col permesso di Dio»; il privilegio, unico fra tutti i discendenti di Adamo e condiviso solo con la madre Maria, di non essere stato «toccato da Satana» al momento della nascita. Alla domanda di Gesù: «E voi chi dite che io sia?» (Mc 8,29) l’Islam ha cercato di rispondere attraverso due concetti: l’esteriorità (dhahir) e l’interiorità (batin) di Gesù.

Sul piano esteriore, Gesù si presenta come un profeta, così come gli altri; su quello interiore egli appare come modello di uomo perfetto, di manifestazione dello Spirito. Alla già citata espressione di Ibn al-Arabi “sigillo di santità”, il maestro aggiunge: «Egli è lo Spirito, e il figlio dello Spirito e della Vergine Maria (…) Egli discenderà fra noi come arbitro giusto».

Un’altra prerogativa di Gesù, secondo il Testo Sacro dei musulmani, è quella di essere stato “assunto in cielo” per volontà di Dio con il suo stesso corpo; questo privilegio, d’altronde, si collega direttamente all’idea, propria alla tradizione islamica, che Gesù non sia mai veramente morto ma sia stato salvato in estremis da Dio e condotto in cielo da dove, alla fine dei tempi, sarà destinato a far ritorno: «non lo uccisero né lo crocefissero, ma così parve a loro».

Il Natale inteso come natività e incarnazione del figlio di Dio, resterà un punto di distanza tra le due religioni, ma questo non toglie che all’interno del Corano si trovino molti elementi della tradizione ebraico-cristiana che potrebbero dare molto più seguito ad un dialogo piuttosto che ad una contrapposizione tra musulmani e cristiani.

Accettare questo e provare a costruire un ponte verso l’altro diverso da sé, anche a livello religioso, può essere un rinnovato impegno e sfida che lo stesso Natale lancia anche oggi, non per un mero gusto “ecumenico” un po’ fine a se stesso, ma proprio ricalcando l’esempio del Cristo, venuto per tutti, anche per quelli che non lo credono.

La Vergine Maria nel Corano In occasione della visita papale in Egitto, Francesco e l’imam Al-Tayyib hanno auspicato un incremento del dialogo cristiano-islamico. Nell' “esaltare ciò che unisce”, la figura di Maria rappresenta di sicuro un ponte saldo tra fedeli cristiani e musulmani. La persona di Maria esercita un certo fascino su tutto il mondo dell’Islam. Questo fascino è legato alla considerazione che i musulmani nutrono per Lei per suo figlio, Issa, o Gesù, ritenuto dall’Islam il maggiore tra i profeti, il più importante anello nella catena di trasmissione della Rivelazione Divina, dopo Muhammad. I musulmani designano Maria con il nome coranico Maryam e spesse volte la dicono anche Sayyida, nome che significa Signora, Padrona e corrisponde all’incirca al titolo di Madonna con cui è indicata in Occidente. Il benevolo atteggiamento dei musulmani riservato a Maria, è il frutto della grandiosa idea, stima, venerazione e ammirazione del Profeta Muhammad nei confronti di Maria e da lui trasmessa ai musulmani. Dio riserva a Lei una posizione straordinaria dentro il Corano, che nessun’altra donna condivide, nemmeno la moglie o la figlia prediletta del Profeta dell’Islam.

A dimostrazione di tale potenza unificatrice tra Islam e Cristianesimo, ci sono i fedeli musulmani che, da secoli, si mettono in cammino verso santuari mariani cattolici, dall’Egitto al Libano, dalla Siria all’Iran, sapendo che Maria è, nel Corano, “la purissima”, il cui nome è pronunciato ben 34 volte e alla quale è dedicata un’intera Sura – capitolo – una delle più belle e ricche di significato. Tale devozione crea sentimenti di amicizia e non di antagonismo. Si dice spesso che le religioni, soprattutto i monoteismi, siano fonti di guerre e divisioni: questa tesi è però falsa dal punto di vista storico e dal punto di vista del contenuto. Certo, in nome della religione si è spesso fatto la guerra, ma l’uomo lancia guerre in nome di qualunque ideologia e non è la religione in sè a scatenarne. Se pensiamo ai nazionalismi, alle divisioni e alle guerre mondiali avvenute in Europa, dobbiamo dire che il nazionalismo, così tornato in auge in questo delicato periodo storico, è stato causa di violenza molto più di ogni religione, e che le ideologie atee, nel ventesimo secolo, hanno prodotto più morti delle religioni.

Anche le guerre di religione avvenute in Europa erano basate su fenomeni politici che strumentalizzavano la religione: Cuius regio, eius religio era la visione comune di allora, non la visione suggerita dal Vangelo. Di fatto, con i musulmani, appena si parla di Maria, si cambia atteggiamento: c’è un’atmosfera di pietà, di silenzio, di fraternità.

Qualcuno potrebbe vedere qui una specie di sincretismo ma, in realtà, la devozione è un fenomeno aperto a tutti. Nei santuari mariani non ci vanno solo cristiani, ma anche altri credenti, o gente allontanata dalla Chiesa, o addirittura non credenti e si celebra con chiarezza una liturgia cristiana.

E se io, mentre prego la Madonna, vedo un musulmano che prega affianco a me, che problema c’è?

Nessuno, è invece un grande conforto, perché la devozione è una base molto più forte di amicizia che i legami ideologici, politici o culturali. Chi pensa ancora all’Islam in modo esclusivo, come talvolta fa un certo fondamentalismo, forse non ha capito ancora pienamente l’Islam.

Il presepe nell’Islam

Nel periodo della Rivoluzione, in Francia furono proibite le funzioni religiose di Natale e la galette des rois (torta dei re) fu rinominata Gâteau de l’Égalité (torta dell’uguaglianza), rimuovendo ogni riferimento ai Re magi e alla Natività.

Secoli dopo, c’è chi pensa di vietare canti, tradizioni e simboli, come il presepe, nel timore che manifestare la propria identità culturale e religiosa possa offendere chi appartiene ad un’altra confessione di fede. “Rimuovere per integrare” è la teoria di chi pensa che, per convivere con i musulmani, si debbano rimuovere simboli e tradizioni. Un modo di vedere ristretto e rigido, che considera lo spazio culturale come uno spazio limitato nel quale, a causa del “sovraffollamento” di culture, si debba togliere un po’ di spazio ad una per darlo ad un’altra. Bisognerebbe invece iniziare a capire che le tradizioni uniscono i popoli e rafforzano le società; annacquarle non fa che alimentare il falso mito dell’intolleranza islamica, con l’unico risultato di esacerbare gli animi e minare lo sviluppo di una sana intercultura.

A prescindere dalle buone intenzioni, prima di parlare nel nome dell’Islam e di vietare i presepi nelle scuole ad esempio, i presidi potrebbero chiedere ai musulmani quali siano i loro sentimenti nei confronti del Natale: sono convinto che rimarrebbero molto sorpresi.

Chi – in buona fede – vieta i presepi probabilmente non sa che in Egitto, Tunisia, Marocco e in numerosi Paesi islamici si celebra la Natività, e in numerose piazze e spazi pubblici si addobbano alberi in occasione del Natale. Il vero problema quindi non è che cosa pensino i musulmani di Gesù Cristo, piuttosto la questione è se qualcuno abbia mai chiesto ai musulmani quali siano i loro sentimenti verso il Natale, prima di decidere di fare o eventualmente non fare qualcosa per non offenderli.

Oggi i musulmani sono strumentalizzati dai terroristi, dai politici e da qualsiasi portatore di una posizione ideologica:

tutti parlano per conto dei musulmani, ma nessuno parla con loro.

La chiave di tutto sta nella grande differenza che passa fra religione e cultura.

Se la religione è un credo che possiamo accettare o rifiutare, la cultura e le sue tradizioni sono il frutto del movimento delle società nella storia, una formula umana che non può essere separata dal cuore e dalla lingua.

Oggi un cristiano egiziano dice: “Io sono di religione cristiana e di cultura musulmana”, un dualismo che probabilmente riguarda tanti giovani musulmani, nati e cresciuti in Italia da genitori stranieri, dei quali nessuno ha avuto ancora il coraggio di occuparsi se non per dare loro un nome, quello di “seconde generazioni”. La loro appartenenza culturale – che lo vogliano oppure no – è determinata dalla lingua, dai vestiti, dal cibo, dalle arti, dalla tecnologia, dal linguaggio della vita quotidiana e dalle tradizioni: un mare – nostrum – sul quale navigano con la nave dei loro valori religiosi.

Restare a terra, o farsi inghiottire dal mare, sono due cose in contrasto con il ruolo e lo scopo di quella nave.



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