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RUBENS. DA RIFUGIATO A FABBRICANTE DI SOGNI

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L'appuntamento era alla stazione Total. Vicino alla rotonda di Yantala sempre invasa da macchine, camion e venditori di carte telefoniche. Rubens era dall'altra parte della stada. Protetto dai 43 gradi all'ombra della farmacia As Salaam, che invita alla pace. Per questo il cimitero musulmano non è troppo lontano. Si continua sulla strada verso Tillaberi e poi si gira a sinistra. Il quartiere Koubia è fatto di terra e di bambini. Un centinaio di loro erano seduti su immaginarie stuoie. Era una delle scuole di Rubens che, dopo aver salutato i bambini,  ha cominciato a farli danzare e cantare in 4 lingue diverse.La direttrice era seduta sull'unica sedia del circondario con una piccola lavagna di cartone in mano. Col gesso scriveva le lettere dell'alfabeto che si spostavano al ritmo della danza. Una scuola senza muri e senza banchi. Senza quaderni e senza libri. Senza programma e senza punizioni. Una scuola che impara dalla vita. Ogni mezzogiorno c'è un piatto di riso per tutti.

Rubens arriva a Niamey nel duemila. Perseguitato politico nel Congo Brazzaville gli capita di non vivere come un rifugiato. Passa nel Mali e poi in Nigeria. Prima di tornare in Niger si inventa molti mestieri alla volta. Fabbrica tamburi che parlano e scolpisce statue che camminano. Pianta migliaia di alberi che danni frutti in ogni stagione e le cui foglie non seccano mai. Canta e scrive poesie mai pubblicate. Si esibisce con un gruppo di teatro pedinando la storia. E’ un chitarrista autodidatta che vuole sposare la tradizione con la modernità. Ha costruito alcuni ponti e inventato forni a legna. Il pane prodotto è venduto per sfamare gli orfani di guerra e i bambini ciechi. Rubens allena alcuni gruppi di adolescenti che giocano al calcio lungo la strada. Si sposta da una parte all’altra della città profittando di amici taxisti e della direzione del vento. Sotto l’albero è nata una scuola di cucito e ricamo per le tovaglie che nessuno acquista. Rubens ha creato anche una ONG.

L’ha chiamata Educazione Solidale. Un nome portato con dignità perché non scritto da nessuna parte. I cartelli delle altre ONG  invece abbondano. All’incrocio che precede la maternità di Yantala, lungo la frequentata Mali Bero, i pannelli si accampano come un gregge. Sono tenuti insieme da un tabellone senza misura della Banca Islamica che sa ascoltare la propria clientela. Dall’altra parte c’è il pannello di USAID che pensa alla pianificazione famigliare. C’è Niger Connection per l’internet che funziona in proporzione delle preghiere nelle moschee. Giusto accanto quello che segnala una clinica medica di nome NIMA, col serpente avvolto attorno alla lettera I. C’è il cartello del ROTAB che invita alla trasparenza di quanto si guadagna e si spende. Con la collaborazione dell’ufficio di cooperazione della Danimarca ha pubblicato un documento di denuncia dell’industria mineraria nel Paese. Giusto alla destra c’è l’ACF, che è l’Azione Contro la Fame che si conferma ogni giorno.

Quella di Rubens è una ONG che si sposta dove non c’è nessuno di quelli che contano. Non ci sono registri di contabilità né progetti finanziati dalla Comunità Europea. Le SGS, Società di Guardie e  di Sicurezza sono nel centro città o accanto alle istituzioni importanti. Nulla di paragonabile alla CONTRAF, la Compagnia Nigerina del Trasporto o all’asilo nido LE REGINETTE, poco lontano. Rubens invece crede nell’altra Africa che resiste e crea dal nulla la vita. Sostiene che ci vuole poco per fabbricare i sogni. Bastano un centinaio di bambini che si passano le lettere dell’alfabeto assieme alla pentola mai vuota. Volano muovendo le braccia e imitano i pesci che nuotano poco lontano. Rispondono alle filastrocche e fanno in fretta  la pace.

Non sanno niente delle guerre di religione dei grandi e sono contenti quando prende una foto prima di partire.

  • MAURO ARMANINO.
  • Niamey, aprile 2015.


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