Dondo, 16 febbraio 2013
Carissimi e carissime,
negli ultimi giorni di gennaio ho dovuto cimentarmi con il codice della strada mozambicano. Dopo avere ottenuto la residenza, cessa infatti il diritto di condurre con la patente internazionale e si è obbligati a sostenere l’esame per conseguire la patente mozambicana. Notevoli alcuni segnali che lasciano un’impronta durevole nella mia buona memoria di autista della domenica.
Ad esempio, tra i segnali di pericolo: “Attenzione coccodrilli”. Oppure, tra i segnali di interesse culturale: “Possibilità di cavalcare struzzi”. Oltre ad una serie interminabile di segnali molto simili a quelli che si trovano in Italia e che qui, invece, si trovano pressoché solo sul codice, dato che solo il 15,5% delle strade del paese sono asfaltate. Dove si guida in Mozambico? Dall’altra parte, vale a dire a sinistra. Dove si trova il volante dell’automobile in Mozambico? Dall’altra parte, vale a dire a destra. A questo fatico ancora ad abituarmi. Generalmente mi muovo in bicicletta. Una domenica mattina diluvia e devo andare a celebrare l’Eucaristia in una comunità verso la campagna. Assolvo diligentemente al mattutino imperativo categorico del caffè, rileggo rapidamente la mia povera omelia nel mio povero portoghese, prendo le chiavi della jeep, salgo e… dov’è il volante?! Insomma, ancora adesso, dopo cinque mesi, mi capita di salire dal lato sinistro dell'automobile e, con mia grande e sempre nuova meraviglia, di trovare il volante dall'altra parte. Dall’altra parte: questione di prospettive, di angolature differenti che fanno comprendere la dimensione altra della realtà.
Dall'altra parte (1): tempo di calcio e tempo di piogge.
Dall'altra parte del Mediterraneo è tempo di calcio. Più in basso, dall'altra parte dell'equatore, è tempo di piogge. La Coppa d'Africa, che quest'anno avrebbe dovuto giocarsi in Libia, a causa della guerra e della crisi politica, si disputa invece in Sudafrica.
Per il Mozambico c'è poco da fare, essendo stato eliminato nella fase preliminare. Ma in queste settimane ci sono ben altre preoccupazioni. Infatti, quando sopra l'equatore è inverno, dall'altra parte siamo in piena estate. E qui è estate tropicale, che, se per qualcuno può essere sinonimo di spiagge esotiche, acque cristalline, palme e tramonti da cartolina, di questi tempi è sinonimo di stagione delle piogge. Tradotto nella vita della gente: bene per la terra, ma rischio disastri. Pioggia e pioggia che cade abbondantemente dal nord al sud del paese da fine dicembre. E' da tredici anni che non piove in maniera così massiccia. La televisione nazionale mostra quotidianamente persone colpite dalle alluvioni che cercano rifugio sopra i tetti di zinco o di paglia. Sperando che il livello dell’acqua si abbassi rapidamente o che qualcuno in barca passi a soccorrerli prima che la corrente se li porti via. Fino ad oggi sia parla di 125 morti e di 187.000 sfollati, mentre cominciano i primi casi di colera.
La solidarietà internazionale si manifesta concretamente in aiuti economici e beni di prima necessità. I (pochi) giornali di opposizione si chiedono dove il governo faccia finire i (molti) fondi elargiti dai paesi stranieri per fare fronte alla calamità. Tutto mondo è paese. Qualcuno ricorda L'Aquila? Qui a Dondo, non essendo la cittadina bagnata da corsi d'acqua, la situazione va abbastanza bene. Solo capita, dopo il diluvio di una notte, di svegliarsi con mezzo metro di acqua attorno alla casa che poi defluisce nell’arco due giorni. Qualche problema, invece, nelle comunità del nord che si trovano sul grande fiume Zambesi. Per la cronaca: Nigeria campione d'Africa, dopo avere battuto in finale il Burkina Faso per 1-0.
Dall'altra parte (2): dove le ricchezze prendono la via di lontane destinazioni e qui non rimangono neppure le briciole.
Ci sono parti del pianeta dove le ricchezze si producono e al tempo stesso si consumano. Poi ci sono parti del pianeta dove le ricchezze si producono, ma sono altri a portarle via; infine, altre parti del pianeta dove si consumano le ricchezze prodotte altrove.
Questa è una di quelle parti del pianeta dove le ricchezze si producono ma sono altri ad appropriarsene senza lasciare neppure le briciole.
In Mozambico, ad esempio, si produce molto legname e molto carbone. A settanta metri da casa nostra passa la strada nazionale n°6 e a cento metri da casa nostra passa la linea ferroviaria di Sena, parallela alla strada. Sulla prima viaggia il legname, sulla seconda viaggia il carbone. Entrambi diretti al porto di Beira dove navi mercantili cariche di container fanno loro prendere la strada di lontane destinazioni. Il legname è in mano alle imprese cinesi. Mentre il carbone è in mano alla Vale (brasiliana) e alla Rio Tinto (britannico-australiana) ed è diretto principalmente in India e Cina.
Il taglio sistematico di foreste secolari senza conseguente riforestazione sta portando alla desertificazione di vaste aree del paese. Nonostante questo, il governo nel bilancio di quest'anno ha autorizzato un incremento dell'11% della produzione nazionale di legname. A questo si deve aggiungere il traffico clandestino.
Una ONG inglese ha recentemente calcolato che il 48% del legname che entra in Cina dal Mozambico proviene dal traffico illegale di legname pregiato. Praticamente la metà. Situazione analoga per il carbone. Nel 2012, sui tre treni composti da quaranta vagoni ciascuno che ogni giorno passano davanti a casa nostra sono transitate 2 milioni e 500.000 tonnellate di carbone. Per il 2013 la Vale prevede che verranno estratte 5 milioni di tonnellate, vale a dire il doppio. Il carbone è estratto nella regione di Moatize, al confine col Malawi. Quando hanno cominciato l'estrazione, tre anni fa, alla popolazione del luogo avevano promesso ricchezza e benessere. Il sogno si è materializzato in un incubo: con la miniera è sì arrivato il lavoro per qualcuno, ma accompagnato dall'incremento del prezzo degli alimenti, degli affitti delle case, della terra e dei mezzi di trasporto. Oltre che l'aumento di alcolismo, prostituzione e marginalità sociale.
Siamo al paradosso che i falegnami devono avere l'autorizzazione delle imprese cinesi per tagliare un albero e che le famiglie non hanno il carbone per cuocere il riso e i fagioli, dato che il carbone minerale non viene commercializzato in loco ma solo esportato. Dalla fine di febbraio dovrei cominciare a collaborare, una mattina a settimana, con un gruppo di ricerca legato all'Università Cattolica del Mozambico con sede a Beira che studia lo sfruttamento delle risorse naturali del paese. Per ora mi sto limitando a raccogliere materiale. Chissà che non si riesca ad andare al di là dei numeri.
Dall'altra parte (3): dove la Chiesa è un po’ più comunità, vale a dire ciò che realmente significa.
Da fine dicembre Polo è andato in una comunità del nord e qui a Dondo siamo rimasti in tre: Fabio, Chique ed io. Terminato lo studio del portoghese – per lo meno a livello di grammatica, una lingua è un po’ come la vita, non si finisce mai di imparare – da gennaio ho cominciato ad accompagnare il piccolo gruppo di scout nato quattro anni fa. La stagione delle piogge è il tempo in cui si trapianta il riso. In queste settimane quindi, piedi e mani nel fango dell’ampio orto di casa nostra. Questa è la nostra forma di autofinanziamento. Dopo la fine delle vacanze - che dall’altra parte dell’equatore cominciano a fine ottobre e terminano a fine gennaio - stiamo riprendendo le attività in parrocchia. E le ultime sono state settimane estremamente attive a livello di programmazione e formazione.
Un sabato di gennaio si sono riunite ciascuna delle dodici comunità che compongono l’area urbana della parrocchia. Ciascuna ha riflettuto sugli aspetti negativi e positivi dell’anno passato e sulle proposte per il nuovo anno. La settimana seguente, dopo un lavoro di elaborazione da parte di una equipe, abbiamo avuto l’assemblea di tutta la parrocchia, con duecento rappresentanti di tutte le dodici comunità. Assieme abbiamo deciso le linee guida che per il cammino che compiremo nei prossimi mesi. La parola “Chiesa” significa letteralmente “convocazione”, in senso lato “comunità”, “popolo riunito”. Storicamente si è purtroppo assistito ad un processo di verticalizzazione sproporzionato delle relazioni umane dentro la comunità dei credenti, con una serie di conseguenze devastanti che hanno allontanato la Chiesa dal messaggio che avrebbe dovuto vivere, annunciare e testimoniare. I grandi passi di riforma voluti cinquant’anni fa dal Concilio Vaticano II, per ora sembrano rimanere sulla carta. La maniera di come la Chiesa “che sta dall’altra parte” ha di comprendersi e di agire nella storia è sentiero di passi segnato per chi crede nella possibilità di una Chiesa radicalmente fedele al significato primo della sua parola.
Dall’altra parte (4): dove si è già votato e dove si comprende che l’altra parte è una prospettiva.
Dalla vostra parte è tempo di elezioni. Si vota per chi guiderà l’Italia e si vota per chi guiderà la Chiesa. Per le prime, almeno, come italiani che stanno dall’altra parte – vale a dire come italiani all’estero - abbiamo già fatto il nostro dovere qualche giorno prima di voi. Per le seconde, si combatte qui sulla terra, ogni giorno, la buona battaglia della vita e si guarda verso il cielo. Vivendo qui, dall’altra parte, poco alla volta si impara ad osservare il mondo… dall’altra parte, appunto. E si comprende che l’altra parte non sta solo qui, ma che l’altra parte sta ovunque. Perché l’altra parte è tutto quello che sta accanto a noi e che non vogliamo vedere o a cui non abbiamo il coraggio o la pazienza di dare il nome. L’altra parte, allora, non è una parte, ma è una prospettiva. Un modo altro di guardare e vivere la stessa realtà. Vale a dire il modo di guardare e di vivere a partire dalla prospettiva del basso, dei piedi, dei sud, delle periferie. La prospettiva del debole, dell’oppresso, del dimenticato, del povero. In questo tempo di scelte, più che mai, le prospettive cambiano se siamo noi a farle cambiare.
Un caro saluto e… tiri papodzi! (che in cisena significa pressappoco “stiamo uniti”, “non dimentichiamoci”).
ANDREA FACCHETTI.