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Carissimi e carissime,

fino a qualche giorno fa era solo una voce sussurrata che circolava furtiva nella praça das mangueiras e tra le signore che vengono dalla campagna al mercato ogni mattina a vendere pomodori, fagioli, manioca, patate e banane. Voce, però, alla quale pochi davano credito, eccetto qualche ragazzino che si improvvisava venditore ambulante di noci di cajou.

Negli ultimi giorni, tuttavia, anche qualcuno tra gli intrepidi signori che si fanno ore e ore di bicicletta da Chinamacondo e da Monzwe carichi di sacchi di carbone sotto il sole infuocato già dalle prime ore dell'alba, cominciava a chiedersi: «in fondo, cosa ci sarebbe poi di così strano?». Ecco allora che la voce si è fatta più insistente ed ha cominciato ad acquisire un ragionevole fondamento.

Ora quella voce di uno che gridava nella savana è data per certa: quest'anno Gesù ha deciso di venire a nascere in Mozambico.

Dona Julia dice che Gesù, «cioè Maria e Giuseppe - si corregge giustamente - non hanno mica scelto poi tanto male». In effetti «non fa freddo come in altre parti del pianeta. Inoltre è il tempo giusto in cui maturano il mango, il caju e l'ananas». E continua: «Metti che non trovino nessuno che li riconosca per offrirgli un piatto di riso e fagioli, ma almeno con tutto questo mango non fanno la fame». Cominciano a fervere i preparativi, tutto è in subbuglio. Il villaggio sembra uno dei quei formicai che trovi all'improvviso sulle strade di sabbia gialla e che, qualche ora prima della grande pioggia, sei capace di trovarti in camera da letto. Mãe Carlota è la prima ad offrirsi per ospitare in casa sua Maria, Giuseppe e il nascituro, motivando che lei è una delle poche ad avere la televisione e, in caso di evenienza, ci sarebbe la macchina di suo marito. Qualcuno le fa notare che se nel Vangelo c'è scritto che Gesù «nacque in una mangiatoia», povero tra i poveri, difficilmente gli interessati avrebbero accettato l'invito. Ecco che, dopo estenuanti ma inevitabili disquisizioni, si raggiunge un'ampia convergenza nell'affidare l'ospitalità a mãe Firiana. Mãe Firiana è vedova da tempo e, per di più, tre anni fa le è anche morto l'unico figlio. Qualche settimana fa, a causa della grande pioggia, è crollato il tetto di paglia della sua semplice dimora. Le abbiamo dato una mano a ricostruirlo.

Una volta a settimana viene a portarci un sacchetto di riso «perché è giusto così, altrimenti non sarebbe giustizia». Ogni tanto ospita in casa per qualche giorno anche Marta, che ha quindici anni, è orfana di padre e ha la madre in carcere. Marta ha fatto la quarta elementare e poi si è fermata «perché ad andare a scuola non si mangia». Alla fine tutti convengono che Gesù sarebbe proprio contento di nascere lì in casa di mãe Firiana e di Marta.

Dona Fatima lavora al posto di salute come infermiera. Lei, che di malati se ne intende, comincia a fare sfoggio della sua conoscenza affermando che: «se Gesù viene a nascere in Mozambico, diventato maggiorenne avrà il 12% dei suoi amici malati di AIDS. Ma la percentuale salirebbe al 24% qui nella nostra regione di Sofala e, addirittura, al 35% a Beira, capoluogo di regione». Sì, dona Fatima ha proprio ragione.

A Beira, che si affaccia sull'oceano Indiano ed è un grande porto internazionale, arriva la strada nazionale n°6 su cui passa il traffico non solo dell'area settentrionale del Mozambico, ma anche dello Zimbabwe, dello Zambia e del Malawi, essendo Beira l'unico accesso al mare possibile per questi tre paesi. Traffico, commercio e prostituzione. Assieme alla malaria, l'AIDS è la principale causa di morte. I preservativi sono distribuiti ovunque e gratuitamente: dagli uffici pubblici, alle scuole, alle poste. I bambini per strada ci fanno i palloncini per giocare.

Qualcuno dice che anziché limitare i danni, i preservativi finiscono per incentivare la promiscuità sessuale. I farmaci antiretrovirali arrivano e sono gratuiti. Il Mozambico è uno dei pochi paesi africani ad averli inseriti nel bilancio dello Stato. «Ma - sostiene convinta dona Fatima - se il paziente non ha una buona alimentazione e condizioni igieniche decenti, gli antiretrovirali, sortiscono ben pochi risultati». E qui il 38% della popolazione è sottonutrita. Fatti due conti, dona Fatima conclude che, se Gesù nascesse in Mozambico e non venisse messo in croce a 33 anni, avrebbe una aspettativa di vita di 50 anni. Dona Piedade, nonna dal sorriso largo come i suoi occhi pieni di speranza, dice che «Gesù ha curato tante malattie, chissà che anche con l'AIDS...». Ma poi si ferma lì.

Se cerchi un falegname, hai l'imbarazzo della scelta. Si è sparsa la voce che Giuseppe, padre di Gesù, di mestiere faccia proprio il falegname: avrebbe non poche difficoltà a mettere su bottega. La maggior parte si trovano lungo la strada nazionale e fuori dal mercato, dove tavoli, mensole, sedie e letti, per i pochi che possono permetterseli, sono messi in vendita tra polvere, chiasso, galline, capre, frutta e verdura. Il signor Mario Cheiro è il carpentiere più ricercato per la sua maestria ed esperienza.

Vengono dai villaggi vicini per farsi fare sedie e i tavoli. «Macché! - esclama con rabbia e autorità il signor Cheiro - La difficoltà maggiore per Giuseppe non sarà la concorrenza: se uno è bravo a fare il suo mestiere, buon per lui! No, la difficoltà maggiore è che manca il legno!». Ecco la maledizione di chi vive immerso nella ricchezza che la natura gli offre: arriverà qualcuno più forte di lui a portargliela via. Decine e decine di tir ogni giorno percorrono la strada nazionale n°6 diretti al porto di Beira trasportando centinaia e centinaia di tronchi secolari. Le grandi imprese cinesi hanno cominciato qualche anno fa a mettere le mani sul legname pregiato. Fanno accordi con i politici locali, in gran parte facilmente corruttibili e, da un giorno all'altro recintano grandi appezzamenti di terra. Così i contadini si svegliano senza terra, i pastori si svegliano senza pascolo e i falegnami si svegliano senza legno. A Sena, a trecento chilometri da qui, contadini, pastori e falegnami, assieme a p. Dario, missionario saveriano, hanno creato un comitato che lotta contro il furto dannato e disumano della terra da parte delle grandi imprese cinesi. Perché terra vuol dire vita, perché assenza di terra vuol dire fame e perché fame vuol dire morte. Ecco perché dannato e disumano. L'associazione si chiama in cisena, la lingua locale bantu, "Mataca mbatu" che significa "La terra è nostra". Conclude il signor Cheiro con il suo slancio di sindacalista poeta allo sciopero generale: «Anche Giuseppe il falegname verrà in piazza, magari col piccolo Gesù in braccio, a gridare con noi: "Mataca mbatu!"».

Poco meno di duemila anni fa, un tale di nome di Paolo scriveva in una sua lettera alla prima comunità cristiana di Corinto che "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti". Sono passati anni da quando lessi questa frase la prima volta: allora testa e cuore cominciarono a muoversi. Movimento come di scarica elettrica, movimento come di fiume in piena che porta via.

Ogni volta che mi trovo davanti queste parole, testa e cuore si muovono con un movimento che è lo stesso della prima volta e, contemporaneamente, è un movimento nuovo. E più il tempo passa, più la vita mi dice la loro verità. Credo che Natale stia in queste parole. Credo che Natale stia in questo movimento.

O, per lo meno, credo che Natale sia anche questo movimento. Allora, buon Natale. Vale a dire, buon movimento.

ANDREA FACCHETTI.



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