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NOTE SULLA RECOLONIZZAZIONE LIBICA

Una potenza coloniale non deve tornare a intervenire nella propria colonia. La storia recente mostra il presidente del consiglio Berlusconi mentre stringe la mano e accordi comuni con Gheddafi. Materie prime in cambio di risarcimenti, una strada asfaltata e il controllo dei migranti. L'invito a Roma del colonnello sotto la tenda e le “conversioni” di alcune ragazze italiane vendute sull'altare della patria. Non troppo tempo dopo l'Italia, questo paese senza qualità, ha offerto spazi, luoghi e personale alla guerra per eliminarlo. Dal 2011 ad oggi il Paese ha mantenuto le promesse del Grande Dittatore.

Le divisioni e i radicalismi di varia estrazione hanno disintegrato il Paese.

Ci sono state armi per i ribelli amici. Addestramenti alla guerra per combattere la buona battaglia e infine bombardamenti protettivi mirati e interessati. Il tutto con menzogne su presunti massacri compiuti dal regime del dittatore rivelatisi infondati. La finzione politica non ha tardato a manifestarsi e con essa gli attori nazionali e internazionali. Il Sahel ha pagato il conto maggiore dell'impresa. La guerra nel Mali e i tentativi di destabilizzazione del Niger e della Nigeria sono figli naturali dell'impresa libica. Le armi e i combattenti sono andati ancora più lontano : in Siria, per esempio.

Fermiamo le parole di guerra. Fermiamo l'idea di guerra in Libia. Fermiamo la cecità della ministro della difesa, stolta e incompetente. Fermiamola prima che sia tardi. Stolta perché le guerre non hanno che prodotto altre guerre. Incompetente perché non è mai stata nessuno e dell'Africa conosce forse solo i percorsi turistici. Lo dico con cognizione di causa. Prima di trovarmi in Niger ero a Genova. Lo squallore della politica del PD, anche con la complicità della Pinotti, era proverbiale. Fermiamola e fermiamo le armi. Fermiamo quanto di colpo diventa un problema solo perché si avvicina alle coste italiane. Fermiamo il pensiero della guerra. Fermiamo i traditori della politica.

L'Italia non deve tornare in Libia ancora con le armi. Non ne ha mai avuto il diritto. Ha già versato troppo sangue innocente in repressioni che hanno costato la vita a migliaia di persone. L'Italia può solo offrire la domanda di perdono per quanto accaduto durante la colonizzazione e l'eliminazione di Gheddafi. L'Italia potrebbe invece offrire spazi di mediazione. L'Italia può fornire appoggio a politiche di accompagnamento democratico. L'Italia deve astenersi da ogni intervento che possa anche solo insinuare l'intromissione nella politica che la Libia, sovranamente, sceglierà. L'Italia dovrebbe ricordare di ripudiare la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (art. 11 della Costituzione).

L'Italia deve fermare la vergogna.

  • MAURO ARMANINO.
  • Niamey, febbraio 2015.
P.S. Detto sia per inciso: la colonizzazione italiana, più breve nel tempo rispetto a molte altre non è stata meno violenta. Per riconoscerlo ci sono voluti molti anni. Tra gli altri Angelo del Boca ha contribuito a smascherare il mito di “Italiani brava gente”. Basta vedere quanto oggi accade nei paesi “benedetti” dalla colonizzazione italiana: Libia, Eritrea, Etiopia e Somalia.


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